Lutto nel mondo del giornalismo: scompare Amedeo Ricucci
Ci ha lasciati all’improvviso lunedì 11 luglio il giornalista calabrese Amedeo Ricucci. A darne la notizia proprio il Sindaco della sua cittadina di origine, Cetraro, Comune dell’Alto Tirreno cosentino. Queste le parole del Sindaco Ermanno Cennamo: «La città incredula apprende la terribile notizia dell’improvvisa dipartita di Amedeo Ricucci. È stato inviato speciale di Professione Reporter, Mixer, Tg1 e La Storia siamo noi, seguendo i più importanti conflitti degli ultimi vent’anni. Figlio e vanto della nostra città a cui ha dedicato i suoi giorni migliori. Lo ricorderemo per il suo impegno civile, per la sua professionalità, per il suo attaccamento alla sua Cetraro. Lo accoglieremo come merita e saremo accanto a lui per ringraziarlo. Alla famiglia giunga l’abbraccio più sentito in questo momento di profonda tristezza».
Amedeo Ricucci era un giornalista dotato di grande umanità come pochi. Aveva raccontato la guerra dagli scenari più importanti e pericolosi degli ultimi decenni, come la guerra in Somalia, nel 1994, e quella in Siria nel 2013. Come hanno scritto i suoi colleghi della Rai, era «appassionato nel suo essere giornalista, inviato speciale. Amava quello che faceva, raccontare la realtà che andava a scovare negli angoli del mondo e nei momenti più bui, come quelli della guerra. A rischio della propria stessa vita». A testimoniarlo sono anche le sue pubblicazioni: “La guerra in diretta: Iraq, Palestina, Afghanistan, Kosovo. Il volto nascosto dell’informazione televisiva” (2004) e “Cronache dal fronte. Parole e immagini” (2019).
Si è spento all’età di 63 anni a Reggio Calabria, dove si trovava per realizzare uno speciale del Tg1 sulla ‘ndrangheta, mentre faceva quel lavoro che tanto amava. Onesto e con la schiena dritta, Amedeo: il suo lungo curriculum narra tutta la sua attività di inviato di guerra, e a tal proposito è interessante riportare le parole che troviamo scritte nel suo Blog “Ferri vecchi”. È un titolo che ricorda il mestiere del cronista che vede e racconta senza indugio e senza fronzoli, diretto, bruciante, così com’era la realtà da lui testimoniata: «I Ferri Vecchi» si legge «sono quelli del mestiere: la curiosità, l’onestà, la passione, la competenza, il rispetto degli altri e l’etica del vero servizio pubblico, tanto per citarne alcuni. Per me il giornalismo si fa così. E anche se siamo nell’era del digitale, dei social network e del real time, io in tasca mi porto sempre i miei ferri vecchi. Pesano, sì, ma risolvono le situazioni più difficili».