Mirabella Eclano
Nella verde Irpinia, esiste un posto nel quale il visitatore incontra la storia, dove tradizioni millenarie danno senso al cammino dell’uomo.
Mirabella Eclano è uno di questi, un luogo dove il valore del mondo antico, grazie alla costanza dei suoi laboriosi abitanti, s’intreccia con la voglia di serena modernità. Il suo passato affonda le radici nel periodo neolitico, segue il fiero cammino dei Sanniti, fino all’assoggettamento romano, a causa di Silla, nell’89 a.C. Al tempo della guerra sociale (99 a.C. – 91 a.C.), il cittadino eclanese, Minato Magio, filoromano, partecipò con i suoi agguerriti irpini all’assedio di Ercolano e Pompei. Alla fine della guerra fu abbellita di mirabili opere pubbliche e fatta città commerciale di notevole importanza. Era lo snodo, collegato con l’Appia, che consentiva di raggiungere con facilità i porti di Brindisi e di Taranto, per spingersi più facilmente verso le coste africane ed egee. Anche per questo, nella sua area d’influenza, il cristianesimo si diffuse rapidamente, trovando la sua sintesi devozionale nella Basilica all’interno della città, sede episcopale, il cui Vescovo Giuliano sposò le tesi sul battesimo di Pelagio, in opposizione a Sant’Agostino.
Compresa nel Ducato di Benevento, durante il periodo Longobardo, subì le violenze del suo tempo, ad opera dall’esercito di Costante II, nel 663, e perse la sua centralità commerciale e di snodo. Fu, poi, chiamata Quintodecimo, per la distanza di quindici chilometri da Benevento.
Il terremoto del 1732 la rase al suolo, ponendo fine al suo ruolo strategico, ma conservando i suoi ruderi alla memoria della storia, gravidi di significati commerciali, intesi come momenti di riscatto economico e di valori sociali.
Qui si può praticare un turismo dinamico e originale, viste le variegate possibilità di fruizione dei beni ambientali, archeologici e storici.
La Necropoli eneolitica di Madonna delle Grazie, con le sue tombe a botte, rappresenta un mirabile unicum con “la tomba del Capo tribù, ricostruita al Museo provinciale di Avellino, che lascia affiorare un simbolismo ricco di significati, come il cane, ai piedi del defunto, e il bastone del comando spezzato, quasi a significare la fine del vecchio “viaggio terreno” e l’inizio di uno nuovo.
Tra le tante chiese, è degna di particolare menzione la Cattedrale di Santa Maria Maggiore, del X secolo circa, al cui interno, tra gli altri, si può ammirare la Fonte Battesimale e il Crocifisso Ligneo, che si fa risalire al 1100. Uno degli eventi che attrae migliaia di visitatori è “il Carro e la Tirata”, che attraversa le strade del Paese durante le festività di Maria Santissima Addolorata.
Si tratta di un obelisco di venticinque metri, di paglia, trainato da sei coppie di buoi, tenuto in equilibrio mediante trentotto funi di cinquanta metri ciascuna. Lo spettacolo è indescrivibile, il profano si mescola al sacro, a testimonianza dell’iperdulia per la Vergine.
I turisti sono attratti non solo dall’antico e originale senso del sacro, ma anche dalla maestria degli artigiani nel realizzare l’artistico intreccio della paglia.
In un luogo così intessuto di storia, l’ospitalità è tradizione e momento di sintesi tra la voglia di conservare per tramandare e la necessità di accoglienza di chi è sempre disposto a onorare con la propria presenza quel mondo costruito con il sudore della storia.
Ovviamente è estremamente facile raggiungere quei luoghi, non solo usufruendo della variegata e moderna rete viaria, ma anche attraverso l’autostrada A16.