27 gennaio: per non dimenticare!
Dal 2005 l’Assemblea delle Nazioni Unite, in occasione del Vertice della quarantaduesima plenaria, dopo votazione ed approvazione, ha istituito la data del 27 gennaio come Giornata della Memoria dell’Olocausto in campo internazionale, per ricordare le vittime del regime nazista uccise durante la Seconda Guerra Mondiale. In questa giornata, in cui sono chiamati tutti a ricordare, vengono ripercorsi quegli anni bui in cui gli ebrei vennero deportati nei campi di concentramento verso la morte per mano di quegli stessi nazisti che hanno sempre negato le azioni commesse, diffondendo addirittura documenti falsi come un pamphlet conosciuto come “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” in cui sono state riportate notizie cervellotiche che accusavano addirittura gli ebrei di cospirazione. Alle nuove generazioni deve essere raccontata la verità anche sul documentario che ha per titolo “Hitler regala una città agli Ebrei”, girato presso la cittadina di Theresienstadt, nella Repubblica Ceca e vicina al campo di concentramento in Auschwitz. Theresienstadt (ghetto-lager) veniva presentata come una città perfetta… abilmente allestita con negozi, piazze, caffè, con la presenza di musicisti, poeti, scrittori, artigiani, attività ricreative per bambini e per adulti, perché nessuno doveva sapere della triste e macabra realtà in cui erano rinchiusi i prigionieri. Il documento fu costruito e diffuso per nascondere questo orrore all’umanità e per alimentare il dubbio. Solo più tardi, verso gli anni Ottanta, i sopravvissuti a quelle atrocità decisero di denunciare al mondo intero la crudeltà subita in quegli anni nei campi di concentramento. Per contrastare il fenomeno del negazionismo, che tende ormai a farsi strada tra la gente che non conosce o nega la storia, o che comunque rinnega il dramma dell’umanità, è doveroso dare voce a coloro che sono diventati invisibili agli occhi di tutti, prestando attenzione alle significative testimonianze dei superstiti che ancora oggi rappresentano una risorsa preziosa per ricordare e far conoscere alle nuove generazioni quella carneficina che ha distrutto intere famiglie. L’artista tedesco Gunter Demnig dal 1992 ha dato vita alle “Pietre d’Inciampo” parte integrante del progetto “Memorie di Inciampo”, ideato dall’Associazione Nazionale ex Deportati. L’originale idea di Demnig è divenuta realtà attraverso l’installazione di settantadue “stolpersteine” in molteplici città europee, per ricordare i deportati razziali a testimonianza di ciò che è accaduto nella storia dell’umanità. Come ha scritto lo stesso artista: “Una persona si dimentica solo quando il suo nome è dimenticato”. Queste pietre vogliono essere proprio quell’ostacolo per non permette alla memoria di dimenticare, diventando le tombe dei morti senza sepoltura dei quali si erano perse la memoria e la dignità, restando invisibili agli occhi di tutti. Collocate nelle strade, si è voluta attirare l’attenzione dei passanti moderni per indurli a riflettere su quei nomi incisi su placche agganciate su piccole pietre per ricordare quegli ebrei deportati che non fecero più ritorno a casa. Tra i sopravvissuti all’inferno di Auschwitz-Birkenau, ricordiamo Samuel Modiano che durante la sua infanzia a Rodi, per ordine di quelle agghiaccianti leggi razziali fu espulso dalla scuola in terza elementare e, poco più che bambino, fu deportato insieme alla sorella Lucia e al padre a Birkenau. Da quella esperienza infernale, Modiano capì che la dimensione di umanità era finita, passando per l’arrivo ad Auschwitz, per le bastonate, per le baracche, per il filo spinato, per gli addii alla famiglia, per la “vita” nel campo accanto alla morte a lavoro. “Mi sono sempre chiesto perché proprio io… da 11 anni a questa parte ho trovato la risposta, perché ho giurato che fino a quando Dio mi darà la forza di farlo non smetterò di raccontare la mia storia ai ragazzi – dice Modiano – “Sono felice di quello che sto facendo e i ragazzi hanno bisogno di me. Devono sapere. Quando io non ci sarò più ci saranno loro”. Modiano con grande soddisfazione ha sconfitto quelle crudeli pagine di storia, portando la sua testimonianza alle nuove generazioni. Si deve raccontare al mondo la Shoah che è parte integrante della storia, dalla sua genesi nella Germania nazista fino alle innegabili complicità del fascismo italiano, ed è su questi valori che si deve essere uniti, per sconfiggere il negazionismo. Gli ebrei perseguitati e annichiliti rappresentano la memoria fastidiosa di chi non vuol sentire, di chi preferisce non ricordare, di chi non seppe riconoscere neanche i pochi che tornarono e di chi oggi nega la storia. Ed è proprio ai ragazzi che si rivolge l’intera umanità, a loro si tramanda il ricordo della memoria che deve essere luce attraverso questi momenti simbolici, riportando alla mente le atrocità di gente piena di odio. I campi di concentramento sono stati parte integrante dell’ordine impartito per la persecuzione generalizzata di tutti gli ebrei, sono la testimonianza reale. E proprio per non dimenticare quelle vittime ebree sacrificate e atrocemente uccise, che Liliana Segre (foto a lato) di origine ebrea e oggi Presidentessa dell’Associazione Figli della Shoah, nonché Senatrice a vita della Repubblica Italiana è una testimone d’eccezione sopravvissuta ai campi di concentramento, e oggi racconta senza sosta il suo dramma ma nello stesso tempo dice “Diventare mamma e nonna è stata la mia vittoria su Hitler”. In questa frase della Segre è racchiuso un concetto colmo di amore ed il significato che lascia trasparire è la gioia della sopravvivenza ma nello stesso tempo il dolore di chi ha visto morie accanto a sé i propri cari e tanti esseri umani. La trasmissione dei fatti, attraverso la testimonianza di chi ha visto e vissuto ed è sopravvissuto, rappresenta quella fonte inesauribile da tramandare costantemente e con impegno alle generazioni future, per creare dentro di essi quella conoscenza reale e fondamentale, per non dimenticare ciò che è impresso a fuoco nelle pagine della nostra storia.