Musei e decolonizzazione
Quale strategia risulta essere la più opportuna per divulgare in modo appropriato il valore scientifico e simbolico dei reperti museali nel rispetto delle differenti culture e della sensibilità dei visitatori?
Dalla fine del 2018 ad oggi, con la parentesi dovuta al lockdown, il tema della decolonizzazione culturale dei musei, ossia la restituzione di opere e oggetti ai paesi d’origine sottratti e trafugati durante i periodi di conquista, si è fatto sempre più vivo e sentito a livello europeo.
Quali i risvolti per il nostro Paese, nel passato terra di conquista e paese conquistatore? L’argomento ha un rilievo notevole per le implicazioni geopolitiche che ne derivano.
Le richieste di restituzione negli ultimi anni sono state notevoli in tutta Europa e l’Italia ha visto il proprio coinvolgimento nel dibattito in due casi: con la restituzione a Gheddafi a inizi anni 2000 dell’obelisco di Axum e a seguito dell’esposizione dello Zemi, manufatto che contiene reperti umani.
Lo Zemi di cotone conservato al museo Egizio di Torino è un manufatto unico al mondo e proviene dalla popolazione Taino della Repubblica Dominicana, la prima popolazione che incontrò nel 1492 Cristoforo Colombo.
Si tratta dell’unico esemplare in cotone che venne trovato solo nell’Ottocento in una grotta grazie ad una serie di eventi fortunosi.
La vicenda riguardante lo Zemi al momento si è conclusa con una mostra organizzata grazie alla collaborazione della Repubblica Dominicana, la quale ha stipulato con l’Università di Torino un protocollo di intesa e una serie di cooperazioni che hanno sospeso la richiesta di restituzione.
Le richieste degli ultimi anni hanno attivato, in particolar modo nei musei etnografici, una serie di riflessioni su come restituire e raccontare il passato ai visitatori, aprendo quesiti che ancora oggi non trovano risposta. È notizia recente che il Pitt Rivers di Oxford come pure l’Università di Cambridge restituiranno i bronzi del Benin alla Nigeria. Attualmente essi si trovano disseminati in più di 125 musei e collezioni private, dove spesso sono giunti in modo causale; tra questi, l’Ethnologisches di Berlino, il Weltmuseum di Vienna, il MARKK di Amburgo e il Metropolitan di New York.
Quella del Benin è una storia difficile di devastazioni e furti, alla quale la Germania, la Francia e l’Inghilterra hanno tentato di porre rimedio iniziando un processo di restituzione alla Nigeria di numerosi oggetti.
Ciò che è certo è che nei prossimi anni soprattutto quelle terre di colonia come la Libia e l’Etiopia, saranno sempre di più interessate ad avere nuovamente patrimoni che oggi si trovano nei nostri musei, la decolonizzazione difatti, è un concetto che oggi sta trovando il proprio spazio nel mondo ed il dovuto risalto.
Quando si parla di decolonizzazione, non si parla soltanto di decolonizzare dal punto di vista delle storie le collezioni, ma di narrare i reperti in maniera diversa.
Il museo etnografico così com’era nel passato non ha più ragion d’essere nel nostro presente in quanto si sta facendo strada l’idea dell’esistenza di Musei in cui le collezioni rappresentino delle zone di contatto con le comunità di origine. Oggi la museologia intende rendere vive le collezioni, vivere e far vivere le sale che conservano gli oggetti che non sono solo più luoghi di educazione e di esposizione ma luoghi parlanti, dove la comunità del museo dialoga costantemente con il pubblico alla ricerca di nuove tematiche da affrontare.
Differente è capire cos’è un oggetto, altro è capire che storia può raccontare quell’oggetto e con quali altri tipi di storie ci si può confrontare e collegare.
Fondamentale diventa quindi l’approccio nei confronti di una cultura diversa dalla nostra, per cui l’osservazione partecipante, di cui parla l’antropologo Bronisław Malinowski, è una tecnica efficace di ricerca etnografica incentrata sulla prolungata permanenza e partecipazione alle attività del gruppo sociale studiato da parte del ricercatore e solo entrando nei meccanismi mentali dell’uomo del passato si può adeguatamente comprendere il nostro presente.