La guerra del futuro è già qui
Come al solito sviluppati originariamente per scopi militari, gli ormai familiari droni, che spesso ci svolazzano sulle teste grazie a videomakers poco attenti, sono stati ideati addirittura ad inizio ‘900. Dalla Torpedine Aerea italiana al Proctor Aerial Target britannico, esperimenti della Grande Guerra, siamo poi passati all’utile bersaglio volante americano Radioplane del ‘39 fino al micidiale Fritz X, primo vero ordigno teleguidato impiegato sul campo di battaglia dai tedeschi a metà della Seconda guerra mondiale. Purtroppo, o per fortuna, per molto tempo l’assenza di un’adeguata radioelettronica di controllo ha impedito il massivo sviluppo di micidiali mezzi guidati da un pilota remoto o da un’intelligenza artificiale, lacuna poi colmata negli anni ’70 con la crescente disponibilità di transistor ed altra componentistica analogica. È proprio in quegli anni, infatti, che vengono prodotti e subito utilizzati concretamente sul campo i primi due veri droni operativi al mondo, gli israeliani IAI Malat Scout e Mastiff, piccoli ricognitori che hanno davvero fatto la differenza in alcuni fondamentali momenti della Guerra del Libano del marzo 1978, ad esempio consentendo agli israeliani di distruggere le pericolose postazioni SAM russe nella Valle della Beqā e chiudere velocemente il conflitto. Un successo talmente evidente da spingere gli scettici USA, storico partner di Israele, a credere finalmente nelle reali potenzialità degli UAV (Unmanned aerial vehicle) e ad avviare lo sviluppo definitivo di droni potentissimi come il Predator, protagonista dei cieli fino al 2018, e del Reaper o Predator 2, ancora in servizio dal 2001 e votato più direttamente ad operazioni d’attacco rispetto al meno aggressivo predecessore. È dal 2000, quindi, che i droni militari sono diventati una vera priorità per le principali forze armate del globo, un’aspirazione di futuristica potenza che oggi, con la guerra in Ucraina, arriva al suo apice, mostrando a tutti i Paesi cosa possano fare anche piccoli velivoli “di svago” trasformati in efficaci strumenti di morte. In questa triste guerra, però, non solo velivoli senza pilota, ma anche imbarcazioni teleguidate a modificare realmente i rapporti di forza sul campo di battaglia, proprio come ipotizzato in tanti film e testi fantascientifici degli ultimi anni. Kiev, per resistere all’onda d’urto dell’invasione russa, ha subito messo in atto una strategia innovativa introducendo nello scontro eccellenti UAV militari di fabbricazione turca, i Bayraktar TB2, poi i famosi Switchblade occidentali, missili miniaturizzati lanciabili da una specie di mortaio, dalla quale fuoriescono aprendo le ali. Ma dopo l’ondata dei mezzi militari, ben preso l’Ucraina ha compreso che nel nuovo scacchiere bellico, per respingere il nemico, dovevano entrare anche piccoli e micidiali droni commerciali modificati dai suoi capaci tecnici e ingegneri. È così che le trincee sono diventate “high-tech“, con laboratori mobili che modificano, riparano, ricaricano e armano piccoli droni come il Dji Mavic, da una parte utilizzati per tenere sotto controllo i movimenti delle truppe sul terreno e dirigere precisamente le proprie unità di fanteria, dall’altra per trasportare piccole ma micidiali granate esplosive. Un’efficace strategia tutta testimoniata dai vari blocchi che proprio la Dji, casa produttrice cinese, ha operato sia alle vendite sia ai sistemi di controllo dei propri famosi droni, ufficialmente per non associare il proprio nome ad un conflitto così assurdo e sanguinoso. Ma non finisce qui. Ancor più incredibilmente, nelle ultime settimane gli uomini di Kiev hanno iniziato a modificare ed usare aeroplanini monouso, di costruzione australiana, fatti di semplice cartone compresso, leggerissimi e difficili da individuare, per trasportare al fronte munizioni, razioni alimentari e medicine d’emergenza, oltre che ancora una volta per lanciare mini ordigni sulle linee nemiche. Non bisogna però mistificare le potenzialità tecnologiche dei russi e di chi agisce, come fa l’Occidente, fornendogli attrezzature belliche. Anche Mosca ha messo in campo diversi modelli di UAV tra cui il famigerato drone kamikaze Kub-Bla, un hunter killer lanciabile in stormi che supera difese radar e contromisure elettroniche grazie al volo a bassa quota, o il tanto contestato Shahed iraniano, prova madre del coinvolgimento di altri Paesi anche sul versante politico putiniano. Ma parlare solo di droni volanti è nascondere la testa sotto la sabbia. Il mondo è più vicino alla fantascienza di quanto si possa pensare e, per certi versi, sembra davvero una cavalcata verso scenari cupi, alla SkyNet. In pochi oggi ricordano che le polizie di mezzo mondo sono dotate di robot armati per operazioni speciali, come quelli per disinnescare ordigni esplosivi in sicurezza, ma anche che i militari, ben più forniti, hanno già in uso droni navali, droni sommergibili, oltre che muli robotici in grado di trasportare pesi straordinari su terreni impervi. Non dimentichiamo, poi, l’inquietante umanoide Atlas della Boston Dynamics, ex ramo di ricerca di Google passato in mano alla coreana Hyundai, che dal 2016 è diventato un progetto realmente maturo. Questo robot alto 150 cm, del peso di 80 Kg, adatto ad ambienti interni ed esterni, è già capace di camminare autonomamente, fare salti mortali, mantenere l’equilibrio in condizioni gravose su rulli o tronchi, spostare e manipolare oggetti, lanciarli e valutare l’ambiente circostante con una AI che lo rende quasi umano. Insomma, la guerra dei droni in Ucraina, purtroppo in corso, ha davvero iniziato a scoprire il Vaso di Pandora. La fantascienza è dietro l’angolo. Dite la verità, state già guardando Terminator per farvi una rinfrescata, giusto?