Gauguin tra colori, forme e viaggi
“Le ragazze di Gauguin
Dentro gli occhi hanno il sole
E lampi di uragani
E la notte le accenderà
Fiamme di stelle nell’oscurità”.
Recitano così i versi di una canzone di Grazia Di Michele del 1986. Centoventi anni fa moriva Paul Gauguin, pittore francese che ha operato una vera e propria rivoluzione nell’arte contemporanea. Egli la interpreta in modo concreto, superando la semplice rappresentazione: “Non imitate troppo la natura, l’arte è un’astrazione; ispiratevi alla natura fantasticando” affermava. Di qui il punto di partenza per una pittura ragionata, spesso decorativa, a volte mistica: è il sintetismo, corrente pittorica francese legata al movimento postimpressionista che ispira e guida la luce e i colori del pittore. Nell’ottobre del 1888 ad Arles lo attende van Gogh, ma nonostante la stima reciproca i due si scontrano sulla tecnica pittorica: Gauguin riproduce simbolicamente ciò che vede, van Gogh rende ciò che sente attraverso i colori accesi nelle sue tele.
Il primo soggiorno a Tahiti, pur non lungo, né gioioso, condurrà Gauguin a non poter far più a meno di quel clima, di quell’ambiente naturale e di quella libertà che troverà nelle isole del Pacifico. Solo e sofferente fa i conti con tragici interrogativi che rimangono senza risposta – Da dove veniamo? Che cosa siamo? Dove andiamo?
La lussureggiante vegetazione e il fascino della natura selvaggia ispirano le sue tele dai toni luminosi e squillanti, mentre il suo antinaturalismo lo porta a unire sfondo e figure principali secondo il cloisonnisme, una tecnica pittorica che consiste nello stendere i colori sul dipinto in vaste campiture omogenee, piatte e accese, racchiudendoli entro i limiti di contorni netti, quasi a riprendere la dimensione bidimensionale tipica del periodo medievale.
Ulteriore fulcro della sua ricerca artistica proviene dai pittori giapponesi, Maestri dell’Ukiyo-e (che letteralmente significa “scene della vita che passa”), i quali usavano inserire forme curve o circolari nei dipinti. Esistevano a quel tempo dei manuali di avviamento a tale tipo di composizione, molto usata, ad esempio nelle scatole laccate, difatti lo stesso Gauguin seguì spesso tale forma compositiva.
Bianco di zinco, giallo cadmio, giallo di Napoli, giallo ocra, rosso vermiglione, violetto, blu di Prussia e blu oltremare, verde di cobalto e verde smeraldo sono le gamme cromatiche che compongono la tavolozza di Gauguin, stesa su tessuti simili a tela o a sacco, solo raramente con l’uso della spatola; colori macinati a mano stemperati o stesi sulla tela a seconda dei contrasti. Il “primitivismo” dell’artista ritrova nell’innocenza degli uomini e della natura nell’Oceania la sua dimensione più vera.
Nel suo libro Noa-Noa scrive: “Il paesaggio, dai colori franchi e ardenti, mi abbaglia. Una volta, fra continui dubbi, da mezzogiorno alle due ho girato cercando… Eppure è tanto semplice: dipingere come vedo, senza calcolo tradurre sulla tela un blu, un rosso! Nei fiumi forme dorate m’incantano; esiterò ancora a cogliere tutta questa luce, questa felicità di sole?”
Il senso dell’esistenza, l’interrogativo che assilla Gauguin durante tutta la sua vita non può che trovare risposta nelle armonie compositive, accostando musica e pittura che trovano spazio nei colori irreali delle sue tele.
“Qui, vicino alla mia capanna, nel gran silenzio, sogno armonie violente nei profumi naturali che mi inebriano. […] Negli occhi che sognano, la superficie torbida di un enigma insondabile.
Ed ecco la notte: tutto riposa. I miei occhi si chiudono per vedere senza capire il sogno nello spazio infinito che fugge davanti a me, e ho la sensazione del cammino dolente delle mie speranze”.
L’ultimo periodo della sua vita, di cui scrive con schiettezza e consapevolezza della propria condizione, sarà quello maggiormente mitizzato dalla critica. Nel progetto originale di una pittura simbolica volta a raccontare i grandi e misteriosi eventi della vita, della morte, del sesso o della religione, emerge la grande novità di Gauguin, che diventerà pilastro di tutti gli artisti contemporanei, il primo a porsi realmente in rottura con i canoni ottocenteschi di una nuova società che rifiuta il conformismo, diventandone però presto vittima.