Marzano Appio a lutto per il femminicidio di Paola Romano
Una lite finita nel peggiore dei modi. Due poliziotti morti, la vittima centrata da due colpi al petto e uno alla testa, e il suo carnefice che si toglie la vita subito dopo averla uccisa. Paola Romano, 58 anni, da tempo in servizio come Sostituto Commissario alla Camera dei Deputati, aveva la giornata libera dal lavoro. Esce dalla sua abitazione a Torraccia, un quartiere residenziale alla periferia nord est della capitale confinante con Casal Monastero e San Basilio. Nell’androne della sua palazzina, in via Rosario Nicolò n. 30, l’aspetta un collega, Massimiliano Carpineti, di qualche anno più giovane. I due lavorano nello stesso ufficio, sono sempre assieme, raccontano gli altri poliziotti. «Non si mollavano mai, li incontravamo ovunque, anche alla macchinetta del caffè», dicono.
Sono passate le 11,20 quando i vicini sentono dalle scale tre esplosioni, una dopo l’altra. «Siamo scesi al portone, pensavamo avessero sparato dei petardi. Poi abbiamo chiamato il 112». Quando arrivano le prime volanti sono le 11,30, Paola è a terra, in ginocchio, il capo reclino, non respira più. Qualcuno vede fuggire il killer su un’utilitaria, una Chevrolet Matiz bianca. Comincia la caccia all’assassino, che termina due isolati dopo, in via Costantino Mortati angolo via Nino Tamassia. All’interno dell’auto c’è Carpineti, morto suicida con un colpo alla tempia esploso dalla stessa pistola d’ordinanza, una calibro 9×21. Non uno scritto. Spetta agli uomini della squadra mobile romana ricostruire gli ultimi momenti di vita della loro collega, l’ennesima vittima di femminicidio a Roma. Soprattutto agli inquirenti tocca trovare un movente per una tragedia che ha distrutto due famiglie e scioccato gli Agenti del commissariato Sant’Ippolito, dove lavora il marito della donna, l’Ispettore Adalberto Montanaro, e l’intero corpo di pubblica sicurezza a Montecitorio.
Una relazione finita da tempo, quella fra Paola e Massimiliano e che lui non voleva interrompere, anche se la collega si era riavvicinata al marito. Paola, un tumore scoperto da non molto, quel giorno avrebbe dovuto iniziare le sedute di chemioterapia. Certo è che i due avrebbero avuto un litigio animato, seguito dalla decisione dell’uomo di farla finita a colpi d’arma da fuoco. Un omicidio-suicidio probabilmente premeditato e che ripropone ancora una volta il problema del controllo psicologico costante negli uomini delle Forze dell’Ordine, necessario per percepire segnali di allarme e prevenire tragedie come questa. Originaria di Marzano Appio (Caserta) sposata da decenni con Adalberto, anche lui casertano, dopo la nascita del loro figlio Riccardo, ora in Polizia, vengono trasferiti a Roma. Lavorano gomito a gomito per alcuni anni al Commissariato Sant’Ippolito fino a quando lei viene presa in carico dall’ispettorato di pubblica sicurezza «Camera dei Deputati» dove conosce Massimiliano. Intanto Riccardo, 22 anni, indossata la divisa va alla Questura di Piacenza. Fra Paola e Adalberto le cose non sembrano andar bene. Per i conoscenti i due vivono da separati in casa. Mai, però, una discussione. «Paola era una donna serena, solare, sempre sorridente – ricordano gli abitanti dello stabile alla Torraccia -, questa zona è tranquilla, si salutano e aiutano tutti». Rilievi per tutto il giorno degli uomini della scientifica sul luogo dell’omicidio e nell’auto dell’assassino davanti ai P.M. di turno, Antonia Giammaria e Antonella Pandofi. Delle 47 donne uccise in Italia dall’inizio dell’anno, 39 sono vittime di femminicidi, ovvero assassinate in ambito familiare e affettivo da ex fidanzati, conviventi, amanti, mariti.