È morto per venti euro Mohamed Ali Thabet
I suoi sogni di diciottenne sono naufragati sul binario 1 della stazione vecchia di Reggio Emilia, nella notte fra il 30 e il 31 maggio scorsi, in una pozza di sangue. Lo hanno trovato dopo qualche ora, all’alba.
È morto perché, da pochi mesi, era diventato un fantasma, un clandestino. Uscito dai percorsi di accoglienza previsti per i minori non accompagnati e sbattuto a calci nella vita del senzatetto, di chi vive all’addiaccio nelle sale d’aspetto o agli angoli più bui delle strade del degrado.
È stato accoltellato da un suo connazionale, poco più grande di lui, che gli aveva chiesto in prestito l’ennesima banconota per farsi di crack e cancellare anche il suo inferno. Ma quando Thabet ha detto no, dopo che quella sera gli aveva già prestato altri soldi, sono partite le coltellate fatali. Questo raccontano gli altri fantasmi della stazione; gli ultimi che a Thabet hanno voluto bene.
Hadi Trabelsi, 22enne tunisino, è stato arrestato venerdì sera dopo 45 giorni di latitanza e una fuga a Marsiglia. Come avviene nei film e in ogni cliché che si rispetti non ha retto la pressione ed è tornato sul luogo del delitto. Ma lì, ad aspettarlo, c’erano Carabinieri e Poliziotti che da fine maggio non hanno fatto altro che stargli col fiato sul collo. Ora si trova in carcere.
Ma la storia di Thabet non smette di far rumore in una città, Reggio Emilia, che del suo modello d’accoglienza diffusa vorrebbe farne un vanto. Lui era nato in Tunisia nel 2005, sbarcato nel 2016 a Lampedusa, scampato a una traversata nel Mediterraneo. Aveva messo la sua vita in mano a un trafficante di essere umani e ce l’aveva fatta. Con in tasca le sue speranze e la sua ingenuità fatta di jeans strappati e magliette griffate, era approdato in varie comunità per minori stranieri non accompagnati.
Solo a fine 2021 era arrivato nella città del Tricolore, accolto per circa un anno dalla cooperativa Dimora d’Abramo. In quei mesi aveva, a fatica, frequentato corsi d’italiano. Era sempre il primo, puntualissimo, nonostante le difficoltà d’apprendimento. Un metro e novanta di ragazzo, occhi chiari, con il sorriso sempre stampato sul volto quando parlava del suo Paese. E proprio lì, aveva confidato solo poche ore prima di morire ai suoi compagni di sventura (e al suo aguzzino) stava pensando di tornare non avendo trovato fortuna in Italia.
Perché il giorno in cui Mohamed Ali ha compiuto 18 anni è iniziata la sua seconda vita da clandestino.
“Al raggiungimento della maggiore età il Ministero dice di lasciarli uscire dai progetti salvo sei mesi di proroga o, in casi eccezionali, fino ai 21 anni, ma ci vuole un Decreto del Tribunale”, spiegava amaro dopo la tragedia l’Assessore al Welfare del Comune di Reggio, Daniele Marchi, del PD. “Le politiche migratorie degli ultimi 20 anni, bipartisan, sono state fallimentari”.
Quel ragazzone steso per sempre sul binario 1 della stazione ne è la testimonianza.