Smaltivano abusivamente rifiuti tossici. Confiscati beni per 10 milioni di euro
“La Gomorra dei rifiuti”. Era stata definita così la scoperta, nell’ottobre 2022, degli investigatori e della Procura distrettuale antimafia di Roma di un vasto giro di smaltimento illecito di rifiuti tra Latina, Frosinone, Aprilia e L’Aquila. Adesso dal sequestro si è passati alla confisca di 10 milioni alla famiglia di imprenditori composta dai 79enni Maria Pia Faraoni e Giuseppe De Rosa e dal figlio 45enne Nicola De Rosa. Una famiglia legata a un altro imprenditore, Antonio Piattella, con numerosi precedenti nell’ambito del settore rifiuti.
Alla famiglia Faraoni/De Rosa vengono tolti definitivamente quote e intero patrimonio aziendale di 3 compagini societarie operanti nei settori del trattamento dei rifiuti, del commercio di materiali ferrosi e immobiliare; 22 fabbricati tra Roma, Pomezia, Marino e Ardea, Aprilia e Fondi, Magliano de’ Marsi (Aquila), Sgurgola (Frosinone); 10 terreni siti a Roma, Ardea, Fondi (LT); un veicolo; disponibilità finanziarie di circa 500 mila euro. Tutti beni che passano in mano allo Stato.
Nel 2017, nell’operazione Dark Side, la squadra mobile di Roma aveva svelato almeno 200 sversamenti di rifiuti anche tossici e i legami degli imprenditori con i Piattella di Aprilia (con cui hanno avuto rapporti di lavoro nella gestione della discarica abusiva sin dal 2012).
Tra i conferitori nella cava di Via Corta ad Aprilia (almeno fino al luglio del 2017), nella disponibilità di Antonino e Riccardo Piattella, oltreché a Roberta Lanari (coimputati di Faraoni e dei De Rosa e condannati anche per associazione per delinquere), fu individuata anche un’impresa, ossia la MENFER S.r.L., riconducibile ai De Rosa/Faraoni, i quali sono stati condannati in primo grado dal Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Roma per traffico illecito di rifiuti, attività di gestione di rifiuti non autorizzata, realizzazione o gestione di discarica non autorizzata e inquinamento ambientale. I tre sono stati condannati alla pena di 2 anni e 6 mesi di reclusione e a 10mila euro di multa.