“Li ho visti mentre violentavano la ragazza. Ho urlato e mi sono avvicinata… non mi sono girata dall’altra parte”

Ho avuto paura – ammette – ma ho comunque urlato. Solo che quelli non se ne volevano andare. Allora mi sono avvicinata, quella ragazza era a terra. Uno dei due la teneva ferma mentre l’altro tentava di violentarla. Così l’ho spinto via, m’è venuto spontaneo».
Come si sente quando ripensa a quella notte?
«Mi vengono ancora i brividi. Quando sono rientrata ero stremata psicologicamente. Ora mi sembra tutto assurdo, quella strada l’avrò fatta un milione di volte, anche rientrando da una serata e avendo bevuto, ma non ho mai avuto paura. Però d’ora in poi ne avrò, e questo mi fa arrabbiare. Quello che è successo a quella ragazza poteva succedere a tutte».
Posso chiederle se a lei è mai successo?
«Sì, certo che può. Le donne vittime di violenza non devono vergognarsi, come spesso succede. L’ho subita anche io, anche se in modalità e contesti molto diversi, perché nel mio caso si è trattato di una violenza protratta nel tempo. Non sono mai riuscita a reagire e forse è anche per questo che, stavolta, l’ho fatto».
Siete rimaste in contatto?
«Sì, ci siamo sentite più volte messaggiandoci col cellulare. Il giorno dopo l’ho aiutata a ricostruire quello che era successo perché aveva dei vuoti di memoria, anche perché quella sera aveva bevuto. Mi ha anche chiesto di accompagnarla a fare la denuncia, solo che non ho letto in tempo il messaggio, ci sarei andata volentieri. So che ora è fuori Bologna, ma spero di rivederla quando tornerà, sento un legame con lei, un legame di sorellanza».
Ha detto che la vittima poco prima dell’aggressione aveva bevuto. C’è chi direbbe che “non ha avuto la testa sulle spalle”… Lei è d’accordo?
«Sono totalmente contraria a questa narrazione: non si può privare una ragazza della sua libertà e dirle di essere più prudente perché non si è in grado di educare i ragazzi. Finché andremo in questa direzione non abbatteremo la cultura dello stupro».
E di quei ragazzi che cosa pensa?
«Che si sono comportati come degli animali, non si sono nemmeno resi conto della gravità di quello che hanno fatto. Questa mentalità la vedo in tanti maschi, che siano giovani o anziani, italiani o stranieri. Non c’entra niente da dove vieni, ma da come sei stato tirato su. Ripeto, è un problema di educazione»
Che cosa vorrebbe dire invece alla ragazza che ha salvato?
«Quello che voglio dirle glielo dirò a voce o per messaggio in prima persona. Il messaggio che vorrei che passasse qui, invece, è l’importanza di non guardare dall’altra parte, di fare qualcosa quando c’è una brutta situazione. È importante essere presenti a sé stessi, ma lo è anche essere presenti per gli altri».

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