Sparanise – Al Foscolo Antonio Di Lauro ricorda la brutta storia del carcere e degli adolescenti a metà, giovani vite spezzate
Oggi martedì 23 aprile 2024, alle ore 10, nell’aula magna dell’Istituto “Ugo Foscolo” a Sparanise, lo scrittore Antonio Di Lauro presenterà agli studenti il suo bel libro ”Lin e i ragazzi che sognavano di volare”, testimonianze coraggiose sulle ex Prigioni Scuole: su adolescenti a metà, giovani vite spezzate, bambini abbandonati dalle loro stesse famiglie e il suo tentativo di avviare percorsi umani di inclusione sociale. Di Lauro racconta il mondo dei minori chiusi nelle carceri e denuncia coraggiosamente suicidi e botte. Una denuncia esemplare se si considera che viene da uno psicologo e da un funzionario del Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità del Ministero della Giustizia che dal 2017 lavora presso l’Istituto Penale per i minorenni di Airola e dove per quattro anni ha ricoperto il ruolo di Direttore. “Le parole di questo libro – scrive nell’introduzione il Prof. Samuele Ciambriello, Garante delle persone private della libertà in Campania – sono le prime risposte che possiamo dare al mondo degli adolescenti che passano dal disaggio alla devianza e da questa alla microcriminalità”. Ragazze prigioniere di uomini violenti come Thing che decide di togliersi la vita volando “come una farfalla” dalla finestra, come Cosimo preso a botte da orbi, calci, pugni e cinghiate dal padre ed entrato in carcere a 15 anni e che si toglie la vita appeso ad un lenzuolo annodato alle sbarre della finestra del bagno della cella, Gaetano, tolto dalla madre prostituta e affidata ad una casa famiglia a 6 anni e poi entrato in carcere per spaccio e poi in comunità e di nuovo in carcere per evasione, Ciro, a 15 anni nelle giovanili del calcio Napoli e poi finito in carcere per colpa della droga, Alessio studente liceale di 16 anni finito in carcere per aver estorto il telefonino ad un suo coetaneo. Ragazzi di 15 o di 16 anni che hanno vissuto come se ne avessero trenta. Nella seconda parte del libro l’autore racconta episodi della sua esperienza come Direttore dell’Istituto Penale per minorenni di Montarello. Un’esperienza fatta di soddisfazioni formative ma anche di delusioni come quando alcuni sindacati per difendere i loro iscritti provocarono una rivolta interna al carcere minorile ed un’indagine della procura della Repubblica. Sindacati di categoria che, con il silenzio dei confederali, davano la colpa al Direttore, agli educatori e a tutti i buonisti che credevano nel recupero sociale per ragazzi considerati “bestie che non sarebbero mai potuti essere rieducati. Delinquenti che bisognava lasciare soli in cella, e buttare la chiave”. Ma il libro ricorda soprattutto la storia travagliata di Lin dalla fanciullezza alla maggiore età, con tutte le avventure e le sventure capitategli: il suo rapporto con l’autore-Direttore e la moglie Chiara che lo avevano tenuto in affido durante le ferie. Alla conclusione del libro c’è una forte denuncia al rude trattamento che Gaetano, a 18 anni, riceve durante il primo giorno di permanenza nel carcere dei grandi. Dove le cose, a causa delle guardie penitenziarie, cambiano completamente in peggio e diventa inutile ogni tentativo di denuncia. “Entrarono in tre nella cella e lo colpirono con bastonate e calci nella pancia e dietro la schiena, fino a quando non lo videro rantolare a terra con il sangue che gli fluttuava dalle numerose ferite, e quasi privo di sensi”. Poi “fu sbattuto in una piccola cella angusta, da solo. L’ultima in fondo alla sezione detentiva, emarginato da tutti, depositato come un sacco di spazzatura. Lui smise anche di scendere per l’ora d’aria. Preferiva stare in cella tutte le ore del giorno, ventiquattro ore su ventiquattro finché non si uccise anche lui appeso con il lenzuolo legato al collo e alle grate della finestra. Anche Gaetano quindi come Cosimo scelse di uccidersi per protestare contro il carcere e contro il mondo che l’aveva vomitato come cibo avariato. Lin è stato più fortunato dei suoi compagni di sventura Cosimo e Gaetano. Dopo aver vissuto alcuni mesi a Milano come pizzaiolo, oggi vive a Genova dove gestisce un bar. Ma porta sempre con sé una foto che lo ritrae con Cosimo e Gaetano, scattata a Piazza San Pietro, in occasione della visita a Papa Francesco.