I colori dell’anima, Antonio Ligabue si racconta a Sorrento

Villa Fiorentino nella città di Sorrento sarà sede fino al prossimo 16 novembre di un’esposizione dedicata ad Antonio Ligabue, figura di spicco del panorama artistico del Novecento. L’antologica offre un’ampia panoramica della produzione dell’artista, dalla giovinezza alla maturità, permettendo ai visitatori di apprezzare l’evoluzione del suo inconfondibile stile e la capacità di trasformare la sofferenza in arte.
A cura di Marzio Dall’Acqua e con il sostegno di Città di Sorrento e Ligabue Art Projects, la mostra mira a ridisegnare la figura di Antonio Ligabue, liberando le sue opere da pregiudizi ed errate interpretazioni.
Nato in Svizzera nel 1899, Ligabue trascorre un’infanzia segnata da disagi e malattie che ne condizionano lo sviluppo fisico e mentale. Affidato a una famiglia adottiva, trascorre un’adolescenza inquieta e solitaria, caratterizzata da numerosi spostamenti e ricoveri in istituti psichiatrici. Espulso dalla Svizzera, torna in Italia, nel paese d’origine del padre, dove inizia a vagabondare e a lavorare come bracciante. È il periodo in cui scopre la sua passione per la pittura e grazie all’incontro con Renato Marino Mazzacurati trova nell’arte una via di fuga dalla solitudine.
Verso la fine degli anni ’40, l’arte di Ligabue inizia ad attirare l’attenzione dei critici. Nel 1957, grazie a un articolo e ad alcune foto pubblicate sul “Resto del Carlino”, la sua fama cresce notevolmente. La sua produzione, caratterizzata da una rara forza espressiva, riscuote un crescente successo a partire dagli anni Cinquanta, ma è nel 1961 che la mostra alla Galleria La Barcaccia di Roma lo consacra a livello nazionale.
Nonostante le difficoltà incontrate lungo il suo percorso, Ligabue riesce a diventare uno dei più importanti esponenti dell’arte italiana del Novecento, lasciando una ferma impronta nel panorama artistico italiano. L’esistenza permeata da solitudine e isolamento ha profondamente influenzato la sua arte, conferendole un carattere selvaggio, intenso, autentico, dalla pennellata vigorosa e materica. I suoi colori decisi e contrastanti richiamano la drammaticità della vita; le forme sono semplificate, quasi primitive. Pur presentando alcune affinità con i movimenti artistici del tempo, l’arte di Ligabue viene considerata fuori da qualsiasi tradizionale schema di classificazione. L’espressività e la forza emotiva lo avvicinano all’Espressionismo ma si riscontrano affinità con l’Art Brut, corrente che comprende opere create da artisti privi di una formazione accademica tout court, ma il cui portato simbolico spicca per autenticità e immediatezza visiva.
Numerose sono le opere esposte nella rassegna sorrentina, circa sessantasette, tra cui Ritratto di Elba (1936) l’opera più antica che rappresenta un importante punto di partenza nella produzione artistica di Ligabue; Aquila con volpe (1944) realizzata durante la Seconda guerra mondiale, che riflette le tensioni e le paure di quel periodo storico; Vedova nera (1955), dipinto realizzato nel pieno della maturità artistica ed esempio della predilezione per i soggetti appartenenti al mondo animale.
Seguono Testa di tigre (1956), dipinto che conferma l’interesse di Ligabue per i felini, rappresentati con una impetuosa forza espressiva; Autoritratto (1959), opera introspettiva che mostra l’artista alle prese con la rappresentazione della propria soggettività e che lascia trasparire ricordi d’infanzia e influenze dei grandi maestri dell’arte moderna quali Van Gogh e Klimt.
Nel 1960, cinque anni prima della sua scomparsa, Ligabue realizza Gatto selvatico con nibbio: si tratta di un’opera emblematica che sottolinea la persistente fascinazione per la natura selvaggia e la lotta per la sopravvivenza.
«Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all’ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore». L’epitaffio sulla tomba di Antonio Ligabue a Gualtieri è una sintesi poetica dell’anima tormentata e creativa dell’artista, un’opera d’arte a sé stante, capace di evocare nel pubblico forti emozioni e far riflettere sul significato della vita che s’intreccia all’arte. La solitudine e il dolore da fonte di tormento diventano materia prima dell’espressione artistica: il desiderio più ardente di Antonio Ligabue è sempre stato quello di essere libero, di amare ed essere amato.

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