Nel 41° anniversario dell’agguato, Maddaloni ricorda Franco Imposimato
Nel 41° anniversario dell’agguato mafioso a Maddaloni (CE) di Franco Imposimato scuole, istituzioni e cittadinanza si sono unite in una serie di iniziative aperte al pubblico in questo mese di ottobre. Avvicinato il Commendatore O.M.R.I. Salvatore Giulio Borriello, ci ha riferito: “Ringrazio Antimo Suppa, Responsabile dell’Organizzazione di Volontariato l’Albero della vita, per la fattiva collaborazione offerta e a cui abbiamo donato tutto il materiale in mostra. Ringrazio ancora il personale del Servizio Civile che ha messo in opera la mostra, tra cui le studentesse Universitarie: Maria Pia Vigliotti e Elisabetta Valentino. Come dicevo, l’evento è stato realizzato non solo per il 41° anniversario della dipartita di Franco Imposimato ma anche per far sì che tutti gli ex dipendenti Face/Alcatel, dopo tanti anni, potessero incontrarsi, vedere la mostra fotografica, ricordare i colleghi che non sono più tra noi e soprattutto per ricordare l’amico Franco Imposimato. Grazie anche al Prof. Antonio Centore, stimato docente universitario che da anni é impegnato in attività legate al diffondersi della cultura della legalità”. Tre gli appuntamenti in programma in occasione dell’anniversario della morte di Franco Imposimato, iniziati sabato, 5 ottobre 2024, presso la storica istituzione del Convitto Nazionale “Giordano Bruno” di Maddaloni. Oltre ai due incontri-dibattiti con un prestigioso parterre di ospiti, anche una Mostra fotografica permanente nel ricordo di una delle grandi passioni artistiche di Franco Imposimato. Le iniziative sono state poi, spostate presso l’Organizzazione di Volontariato l’Albero della Vita, sita in Corso 1° ottobre al civico 75 a Maddaloni. La location degli appuntamenti è stata proprio la sala intitolata a Franco Imposimato, sorta su un bene confiscato alla criminalità. Il 10 ottobre alle ore 18.00, c’è stato il taglio del nastro per la Mostra fotografica permanente che ha riportato alla memoria una delle più grandi passioni di Franco, facendo riscoprire l’innata ed apprezzata vena artistica. Anche in questo caso erano presenti i due figli e tanti altri ospiti legati al mondo dell’associazionismo. Tre appuntamenti ricchissimi che serviranno a ricordare in modo adeguato Franco Imposimato e allo stesso tempo cercheranno di guardare al futuro per lanciare importanti moniti soprattutto ai giovani. Al secondo appuntamento di giovedì, 10 ottobre 2024 alle ore 18.30, organizzato dall’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra e dall’Associazione l’Albero della Vita, presso la sala polifunzionale “Franco Imposimato”, bene confiscato alla criminalità organizzata, erano presenti: Salvatore Giulio Borriello (Commendatore della Repubblica, Presidente Provinciale A.N.M.I.G. e Fondazione Caserta), Antimo Suppa (Responsabile dell’Organizzazione di Volontariato l’Albero della Vita), Filiberto e Giuseppe Imposimato (figli di Franco), Prof. Antonio Centore (Docente universitario), Paolo Albano (Magistrato, Procuratore Capo Emerito della Repubblica e Scrittore), Paolo Miggiano (Scrittore), Domenico Valeriani (Giornalista, Vicedirettore del periodico mensile DEA Notizie di Bellona), Mariù D’Angelo (Referente provinciale Libera), Carmela De Lucia (Referente Libera Valle di Suessola), Agostino Morgillo (Presidente sezione A.N.P.I. Caserta) ed in collegamento esterno Gianmario Siani (nipote di Giancarlo) e Massimo Vassallo (fratello di Angelo). Ha moderato, egregiamente, l’evento della serata Anna Schioppa (giornalista). Al termine della serata il Dott. Paolo Albano: “Occorre assicurare dignità alla memoria di tutte le vittime delle mafie e ricordarle indistintamente. E’ forte e condivisa la necessità di costruire una memoria comune partendo dalle persone, dai loro nomi e cognomi, dalle storie delle vittime delle stragi, del terrorismo e del dovere, da chi ha combattuto le mafie a viso scoperto e non si è fatto intimidire dalle minacce e dai ricatti. In questi anni anche le mafie hanno modificato il loro modo di agire, rendendosi in alcuni casi più nascoste ma più invasive e pericolose per le nostre comunità e la nostra economia. Dunque, l’azione contro le mafie e la corruzione è un’azione che si deve rendere innovativa, capace di leggere la complessità del presente, guardando le radici della storia e con contemporaneamente lo sguardo rivolto al future libero che vogliamo costruire”. Il Prof. Antonio Centore: “La globalizzazione ha generato ulteriori occasioni di profitto e controllo sociale per le mafie, in un sistema di collusioni già collaudato e capace di relazioni profonde con il mondo politico ed economico”. Ricordare Franco Imposimato e tutte le vittime innocenti delle mafie non deve essere solo una stanca elencazione di nomi. Il loro ricordo deve essere esempio per i giovani, sia nel rispetto delle vittime stesse, sia nella volontà che il dolore e la memoria conducano a una generale presa di coscienza su dove e come intervenire per fare in modo che ogni forma di criminalità sia un giorno totalmente sconfitta”. Franco Imposimato è stato un Servitore della nostra Costituzione e oggi è considerato da tutti un martire della legalità. L’obiettivo di Franco Imposimato, docente universitario, era quello di sensibilizzare tutti i maddalonesi nei confronti del grande patrimonio archeologico e di tutelarlo dagli speculatori, dalla negligenza e specialmente dalla dimenticanza. Si dedicava alla tutela dell’ambiente, in particolar modo per sottrarre i Colli Tifatini dallo scempio delle cave: scempio che, purtroppo, negli anni è continuato e continua ancora oggi con danni irrimediabili, mortificando una terra considerata tra le più’ belle sin dall’antichità. Franco Imposimato amava la sua famiglia, amava Maddaloni, amava l’arte, amava la bellezza, amava il patrimonio archeologico della sua città’, amava tutelare l’ambiente della sua terra e amava affermare i principi fondamentali della legalità”. Un po’ di storia. Franco Imposimato nacque a Maddaloni, il 19 dicembre 1939. Era il tardo pomeriggio dell’11 ottobre del 1983 quando l’auto di Franco fu affiancata da una FIAT Ritmo 105. A bordo c’erano tre sicari che sbarrarono la strada alla vettura della vittima e fecero fuoco. Undici proiettili andarono a segno, ammazzando sul colpo Franco Imposimato. La moglie di Imposimato, Maria Luisa Rossi che era nell’abitacolo dell’autovettura con il marito, riportò gravi ferite ma sopravvisse. I due si trovavano non lontano da casa, a poche centinaia di metri di distanza dall’azienda nella quale entrambi lavoravano, la Face Standard, vecchia impresa di telecomunicazioni ed ora grande fabbrica abbandonata nel cuore di Maddaloni. Franco Imposimato conduceva una vita semplice. Impiegato, padre di due figli, Giuseppe e Filiberto, era tornato in Campania, nella sua città natale, dopo aver vissuto per alcuni anni in Africa. Aveva trovato lavoro nella Face Standard, dove operava anche come sindacalista della Cgil. Si ipotizzò inizialmente che il suo omicidio fosse stato deciso e compiuto dalle Brigate Rosse, prima che una telefonata agli organi di stampa chiarisse la matrice mafiosa dell’assassinio. Questo il proclama: “Ucciso il fratello di un giudice boia”. Il fratello di Franco, Ferdinando Imposimato, deceduto nel 2018, era un Magistrato impegnato in prima linea. Già Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, era stato giudice istruttore a Roma dove, nel 1983, aveva depositato la prima e la seconda sentenza del processo sull’omicidio di Aldo Moro. Seguiva anche diversi processi di mafia e indagava sulla Banda della Magliana, in particolare sui legami tra la politica e le sue alleanze romane. Come è stato riconosciuto nei processi per l’assassinio di Franco Imposimato, conclusi in Cassazione con la condanna all’ergastolo di mandanti ed esecutori materiali, il delitto fu commissionato nell’ambito di un patto tra mafia, camorra e Banda della Magliana. Fu proprio l’esponente di Cosa Nostra Pippo Calò a chiedere al clan dei Casalesi di uccidere Imposimato per fermare le inchieste del fratello Ferdinando. Il compito fu accettato ed eseguito dalla camorra, intenzionata anche a frenare la forte spinta ambientalista di Franco che da tempo era impegnato nel denunciare le cave abusive ricavate sui monti Tifatini, andando a scontrarsi con gli interessi della camorra.