Tra i boschi delle Langhe, il film Trifole e la ricerca delle radici perdute
«Molly era in mezzo ai bimbi e alle bambine. Il nonno, solo, in là volgea la testa bianca. Sonava intorno mezzodì. Chiedeano i bimbi con vocìo di festa: “Tornerai, Molly?” Rispondeva: – Sì!».
Così si conclude il poemetto Italy di Giovanni Pascoli. Questo breve estratto racchiude in sé diverse tematiche care all’autore, come l’emigrazione, una ferita aperta nel tessuto sociale italiano dei primi del Novecento. La figura di Molly rappresenta i tanti italiani costretti a lasciare la propria terra in cerca di fortuna: la domanda “tornerai, Molly?” mette in discussione il concetto di identità nazionale e apre ad una possibile scelta volontaria della “lingua del Sì”, come la chiama Dante Alighieri, lasciando trasparire una decisione di appartenenza già presa dalla fanciulla. Molly, pur essendo nata in America, sente un forte legame con l’Italia, dimostrando che il richiamo di una comunità può essere più forte di quanto si pensi. Tale introduzione letteraria ci è utile per anticipare il tema su cui si fonda il film “Trifole – Le radici dimenticate”. Il regista Gabriele Fabbro torna al cinema con un film che vanta un cast vincente: Umberto Orsini, Ydalie Turk e Margherita Buy. Grazie al supporto finanziario del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale del Piemonte e di Film Commission Torino Piemonte, l’opera è finalmente arrivata nelle sale cinematografiche lo scorso 17 ottobre. Prodotto da Massimo Fabbro e Mattia Puleo, “Trifole – Le radici dimenticate” rappresenta il frutto di una stretta collaborazione tra il mondo del cinema e le istituzioni delle Langhe: grazie al sostegno di Film Commission Torino Piemonte, dei Comuni di Alba e Somano e di altre realtà locali, la pellicola è stata realizzato interamente in Piemonte, coinvolgendo numerose maestranze del territorio.
Tra i vigneti e i boschi delle Langhe, un’antica tradizione si intreccia con un profondo legame familiare. Dalia, una ragazza londinese, viene catapultata nel cuore delle colline piemontesi per assistere il nonno malato. Mentre riallaccia un rapporto speciale con le sue radici, si troverà a inseguire un tesoro nascosto: il leggendario tartufo d’Alba detto “trifola” in piemontese. Insieme al fedele cane Birba, dovrà imparare i segreti di un’arte antica e affrontare sfide inaspettate per salvare la casa del nonno e ritrovare un legame perduto con il territorio.
Di qui il contrasto tra passato e presente: così come il nonno e Molly del pascoliano poemetto incarnano due generazioni diverse, con valori e prospettive differenti, Dalia e suo nonno Igor sfidano la difficoltà di conciliare le tradizioni del passato con le esigenze del presente.
“Dove Giove colpisce con i suoi fulmini la terra, là nascono i tartufi” afferma nel film il nonno Igor. La ricerca dei tartufi, tanto rari quanto preziosi, si trasforma in un’ossessione per Dalia e sarà l’unico mezzo per risollevare economicamente la situazione del nonno. Nella ricerca, la giovane donna deve confrontarsi con il mondo del commercio che, con la sua competitività e i suoi valori materialistici, la mette a dura prova, costringendola a fare i conti con una realtà ben diversa da quella della grande metropoli di Londra a cui era abituata. La saggezza e l’esperienza del nonno, frutto d’una vita condotta nella durezza e semplicità del mondo contadino, diventano strumento fondamentale per raggiungere l’obiettivo. In tal senso, l’esperienza si configura con una vera e propria ricerca della felicità di senecana memoria: l’autore latino ci ricorda che la felicità non è un bene da acquistare o accumulare, piuttosto uno stato d’animo, condivisione, gratitudine, saggezza, perché non c’è nulla di più prezioso di un legame familiare ritrovato.
“Amare questo paese significa non essere soli, sapere che in ogni pietra, in ogni albero c’è qualcosa di te, che anche quando non ci saremo più, parlerà di te” conclude il trailer del film. Le generazioni che ci hanno preceduto hanno lasciato tracce indelebili nel territorio dove ora viviamo, nelle tradizioni e nei costumi. Connettersi con le nostre radici permette di sentirsi parte di qualcosa di più grande, di un sistema imperituro e di comprendere meglio chi siamo e da dove veniamo, vivendo per sempre nei ricordi di quanti ci hanno amato.