La Bohème a Vigliena

La Bohème a Vigliena è uno degli spettacoli più anticonformisti proposti nel corso degli ultimi anni dal Teatro di San Carlo. Ogni scelta – a partire da quella della location – si pone in rottura con la lunga tradizione drammaturgica che accompagna l’omonima opera, una delle più belle di Giacomo Puccini.
Lo spettatore viene condotto all’interno di una vecchia fabbrica da un gruppo di attori che, abbastanza animatamente, in un clima quasi di terrore, indica le regole da rispettare durante la rappresentazione. Dopo pochi minuti dall’ingresso nella fabbrica, parte la musica. C’è solo il pianoforte sulla scena – suonato da Céline Berenguer – ad accompagnare le voci dei cantanti. L’opera viene messa in scena all’interno di un grande spazio organizzato su due livelli ed è suddivisa in tre parti, quasi a voler rispettare la tripartizione del libretto originale. Non c’è palco e non c’è sipario: gli spettatori sono vicinissimi ai cantanti e alle scenografie; partecipano alla rappresentazione che è sempre molto animata e colorata.
Molto buona la performance dei cantanti. Nonostante la giovane età di tutti gli artisti, il buon ascoltatore intravede in alcuni un talento che non tarderà ad affermarsi nei prossimi anni. In particolare, spiccano le voci di Elena Somma (nello struggente ruolo di Mimì) e di Giuseppe Talamo (nei panni di un appassionato Rodolfo).
La freschezza delle idee proposte induce lo spettatore a perdonare qualche scelta registica un po’ azzardata: è ad esempio eccessivo e poco funzionale all’evoluzione della narrazione e della musica la scena della rock band nella parte finale della rappresentazione, così come è fuorviante la presenza continua di attori-disturbatori sulla scena.

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