Cent’anni di Italo Calvino nelle terre sanremesi
“Per arrivare fino in fondo al vicolo, i raggi del sole devono scendere diritti rasente le pareti fredde, tenute discoste a forza d’arcate che traversano la striscia di cielo azzurro carico.
Scendono diritti, i raggi del sole, giù per le finestre messe qua e là in disordine sui muri, e cespi di basilico e di origano piantati dentro pentole ai davanzali, e sottovesti stese appese a corde; fin giù al selciato, fatto a gradini e a ciottoli, con una cunetta in mezzo per l’orina dei muli”.
Scatti di una Liguria indomita e rigogliosa ritrae Italo Calvino, uno dei narratori italiani più importanti del secondo Novecento, nato 100 anni or sono a Santiago de Las Vegas presso L’Avana a Cuba. Immagini sanremesi ferme nel tempo, paesaggi e ricordi che lo hanno visto fanciullo, adolescente e giovane studente fino all’età di 25 anni.
Una città che allora era “ancora popolata di vecchi inglesi, granduchi russi, gente eccentrica e cosmopolita” e la famiglia, come egli stesso dichiarò, era piuttosto insolita sia per San Remo sia per l’Italia d’allora: scienziati, adoratori della natura, liberi pensatori. Il padre, un agronomo ricercatore in giro per il mondo, la mamma, prima donna in Italia a ricoprire una cattedra di botanica generale, insieme fondano nella città dei fiori un centro sperimentale di floricoltura. “Il viale aveva tutt’altra prospettiva, e le aiole, le ortensie, le camelie, il tavolino di ferro per prendere il caffè in giardino. Più in là le chiome degli alberi si sfittivano e l’ortaglia digradava in piccoli campi a scala, sostenuti da muri di pietre; […] In fondo si stendeva il mare, alto d’orizzonte, ed un lento veliero vi passava”. Ancora istantanee che evocano profumi, odori ed essenze di luoghi lontani e accompagnano la spensierata infanzia dell’autore.
La città di Sanremo ha istituito per la ricorrenza 38 percorsi allo scopo di ricordare i cento anni dalla sua nascita attraverso tappe nei luoghi che prendono vita nei suoi scritti, fotografie che si fanno storie tra le pagine più note dello scrittore. Carruggi contorti che richiamano memorie del passato e antichi mestieri: il suono rotante della tornitura del legno, la battitura del ferro incandescente, giorni e vite lontane, veri e propri spartiti musicali di piccole botteghe artigiane oggi affidate alla memoria di uomini abituati al sacrificio e al lavoro duro. Le ciliegie zuccherate dal droghiere, il citrato che frigge in bocca, le persone sedute ai tavolini della tripperia, vicoli stretti che si incrociano di continuo per poi aprirsi inaspettatamente su scorci di rara bellezza.
L’impegno sociale, il fantastico e il fantascientifico, la Guerra e la Resistenza sono i temi della vasta produzione letteraria che affronta lo scrittore. Il Passo della Mezzaluna in particolare ci apre, nel suo primo romanzo “Il sentiero dei nidi di ragno” tra versanti soleggiati e faggete a perdita d’occhio, alla vista dei luoghi simbolo della Resistenza e alle sue esperienze vissute sui crinali da uomo militante nelle file partigiane.
Per Calvino il Neorealismo è da intendersi come “un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, specialmente delle Italie fino allora più sconosciute dalla letteratura.”
Un movimento filosofico quello della corrente culturale del secondo dopoguerra tendente a rivalutare l’obiettività del reale contro il soggettivismo della corrente idealistica. La spinta ottimistica della vita e la fiducia nella razionalità e nella scienza portano l’uomo, secondo Calvino, ad interrogarsi su una realtà che si rende sempre più intricata e sfuggente alla comprensione.
Cosa ci insegna Calvino? Per poter osservare e capire al meglio la realtà egli si rivolge ad essa in maniera distaccata mediante un atteggiamento di difesa fondato sulla leggerezza di pensiero che si oppone al peso di vivere e quasi metaforicamente a quei vicoli tracciati a caso che si fanno gravose scale “per le quali – seguendo la descrizione che ne dava lo scrittore Vicente Blasco Ibáñez nel 1896 – non si può transitare senza agguantarsi ad una rugginosa ringhiera di ferro” e dove il vento fa fatica ad insinuarsi.
Nel suo libro Lezioni Americane Calvino scrive: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.” Vivere con leggerezza vale a dire cercare il bello in ogni attimo che fugge, riuscire a isolare i problemi senza farsi travolgere dalla paura, lasciare da parte il giudizio altrui riappropriandosi del proprio sé con quel sano distacco che consente di “attraversare il dolore rimanendo indenni”. Questo concetto è alla base della visione della vita da parte di Calvino, che si traduce in altri termini nella capacità di non dare peso a ciò che non è essenziale, a ciò che è accessorio ma non propriamente necessario. Un sentire che dopo 100 anni, nel ricordo della cristallina poetica calviniana, prorompente torna nuovamente alla ribalta nella sua ineffabile verità.