Decidi: “Fai la mamma oppure lavori”. “Fare la mamma” – Licenziata

Battute a sfondo sessuale, un trasferimento e poi il licenziamento. È quello che è successo a una trentenne di Chivasso, nel torinese, licenziata dopo avere riferito ai suoi datori di lavoro la volontà di sottoporsi alla fecondazione in vitro per diventare mamma. La donna, che era impiegata in un’azienda di idrotermosanitari, per lo stress avrebbe anche perso il bambino. Ora ha fatto causa contro l’azienda.
Un licenziamento ingiusto. La vicenda è stata ricostruita dal quotidiano La Stampa. La donna, Samantha G., fino a prima di comunicare il suo desiderio di diventare madre era considerata una lavoratrice modello. Ha fatto causa all’azienda contro il licenziamento. L’Avvocato, Alexander Boraso, ha spiegato che alla sua assistita sarebbe stato contestato il superamento del totale delle assenze consentite per malattia. “Hanno sbagliato i calcoli”, ha aggiunto il legale, “nessun giorno di malattia è calcolabile se provocato dalla condotta del datore di lavoro”. Inoltre, nel computo delle assenze, sarebbero stati inseriti i giorni di ricovero per la fecondazione assistita e per l’aborto, che per legge non devono essere conteggiati.
Le battute a sfondo sessuale. “Quello che mi ha fatto soffrire di più”, ha spiegato la donna, “è il comportamento di alcuni miei superiori, le loro battute, i messaggi, quando quasi mi minacciavano dicendo: ‘Scegli se vuoi fare la mamma o mantenere il posto di lavoro’. Samantha ha raccontato che il suo capo filiale sarebbe arrivato al punto da pubblicare sui social network una sua foto mentre era intenta a mangiare una brioche con sotto la scritta: “Mangia che poi che me ne importa?”. Non solo, le avrebbe anche detto: “Se il tuo compagno non ci riesce, ci penso io a metterti incinta”.
Il trasferimento e l’aborto Samantha sarebbe stata vittima per settimane di battute a sfondo sessuale. Quando si è sottoposta alla fecondazione in vitro, per non gravare sull’azienda ha preso un periodo di aspettativa e ha sfruttato le ferie arretrate. Però, al ritorno sul posto di lavoro le è stato comunicato il trasferimento nella sede di Torino, che dista 25 chilometri dalla sua casa. A causa dello stress, ha perso il bambino e ora è seguita da uno Psicologo. Ora sull’accaduto dovrà decidere la sezione lavoro del Tribunale di Ivrea.

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