Il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino
Il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, eccezionale opera scultorea custodita ed ammirabile presso la Cappella Sansevero, in via De Sanctis a Napoli, può competere con le grandi realizzazioni marmoree di Michelangelo per fama, bellezza anatomica, plasticismo e resa dei dettagli. Fu il principe Raimondo di Sangro a commissionarla al giovane Sanmartino, dopo che il precedente scultore incaricato, Antonio Corradini, era morto nel 1752 ad opera in corso, di cui ci resta solo una bozza. Il Sanmartino, nonostante l’impostazione già approntata da Corradini, nel 1753 scavalcò quell’impianto e si orientò ad un lavoro influenzato dai dettami tardo-barocchi, che esaltassero non solo la perfezione corporea del Cristo morto, raccolto tra le pieghe del sudario, ma facendo in modo che la resa stessa di quelle pieghe divenissero, nel proprio svolgimento nervoso, tormentato e così aderente alle sacre membra, manifesto materico della loro Passione. Ad attenta osservazione, infatti, il corpo del Cristo di Sanmartino ci appare non solo esangue, ma scarnificato, e il messaggio tragico del suo sacrificio è tutto affidato alle ondulazioni del sudario. Così come la Pietà Vaticana di Michelangelo è contornata da leggende più o meno fantasiose, quest’altro capolavoro ha alle spalle l’ennesima leggenda: è credenza diffusa che il committente, non solo principe, ma anche versato alchimista, avesse scoperto un metodo per “marmorizzare” un presunto velo realmente adagiato sulla scultura del Cristo. Una volta applicato il reale velo sul marmo, Sanmartino, con l’ausilio di Raimondo di Sangro, avrebbe così ottenuto una coltre calcificata, non scolpita ma ottenuta appunto per marmorizzazione. È tuttavia provato da dati d’archivio, alcuni conservati all’Archivio Storico del Banco di Napoli, che si tratti di pura leggenda, se lo stesso Raimondo vi dichiara che lo scultore avrebbe realizzato una “statua di Nostro Signore morto coperta da un velo ancor di marmo”. Eppure le leggende, in questi casi, nutrono la magnificenza dell’opera artistica e ne tramandano la fama, amplificandola ad un pubblico sempre più vasto.