Se c’è una voragine di ghiaccio al parco: il 3D di Edgar Muller

Immaginiamo di passeggiare per l’Expo di Shangai e di ritrovarci, a pochi metri, sul ciglio di una cascata d’acqua impetuosa. Ora, spostiamoci in Irlanda, a Dun Laoghaire: sappiate che tra il lungofiume e il parco poco distante si estende nel mezzo un rabbrividente crepaccio ghiacciato che sprofonda fino ai meandri profondi del sottosuolo; se l’adrenalina reclamasse ancora, possiamo sempre passare per Geldern, in Germania, uscire da un negozio del centro e trovarci con le punte delle scarpe a strapiombo su uno scenario spettacolare, fatto di scogli rocciosi al di sotto dei quali il mare va ad infrangersi contro pilastri di roccia rossastra. Escludendo che sia un tour da superstiti del genere umano attraverso le ultime scene degne de “L’alba del giorno dopo”, potremo chiedere in giro e ci verrà fatto il nome di un eccellente street artist, tale Edgar Muller, che ormai è considerato essere tra i primi tre artisti di strada al mondo (nel senso di artista che opera sulla strada, e non solo per strada) che puntano all’illusionismo in 3D. Consacrato al prestigioso Sarasota Chalk Festival (che si tiene a Sarasota, in America, con l’uso quasi esclusivo del gesso), Muller vi ha acquistato fama di maestro dello street painting ed è accreditato tra i più autorevoli “Madonnari” del festival, chiamati così proprio come coloro che nel Medioevo ritraevano la Madonna nelle edicole di strada ed offrivano l’opera visiva a tutto il popolo. In effetti la definizione di Madonnaro ben si addice all’artista tedesco, che da giovane fece eco del suo nome riproducendo alla perfezione la “Cena in Emmaus” di Caravaggio. Tornando alle sue creazioni eclatanti per gli effetti illusionistici, Muller usa prevalentemente applicazioni adesive e gesso ed ha come supporto il manto stradale, che tende a scomparire del tutto, spalancando agli occhi dei passanti voragini, crepacci smisurati, naturalistiche rovine visionarie. Gli sono stati commissionati interventi in tutto il mondo, sia per arricchire di richiamo angoli urbani già di per sé frequentati, sia per lasciar palpitare sull’asfalto tutta l’illusione della creazione al trompe-l’oeil (“l’inganno visivo”, comunque impiegato già da Giotto) e dell’anamorfismo. Ovviamente, fare street painting significa anche emettere un gesto di denuncia per la disponibilità spesso elitaria di tante opere d’arte, confinate in musei o in fondazioni che aprono due volte l’anno; in questo caso, la street art opera in simbiosi con la realtà urbana, si lascia ammirare e percorrere dal fruitore, gli dà appuntamento in occasioni quotidiane come fare jogging, passeggiare al parco o andare ad acquistare un libro sul corso. Di straordinario rilievo sono la “Zattera fluviale” (“Turning riverstreet into a river”) a Moosejaw, in Canada, la “Cascata di ghiaccio” (“The crevasse”, Il crepaccio) di Dun Laoghaire, in Irlanda, con il suo dirupo sui ghiacci di ben 250 metri quadri, o la “Shark street art” di Hong Kong: emblemi ad alti livelli di questo settore dell’arte visiva contemporanea, che miete consensi per la propria visibilità eccentrica sì, ma in grado di raggiungere popolarità grazie alla potenza visiva e al fatto di essere fruita per induzione naturale da intere città. Ed attenzione: c’è gente che in una hall ha creduto di aver avvistato sul serio le scale mobili, da qualche parte nel mondo, e invece..

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