Recensione del libro:”Paura di Volare” di Erica Jong

Mi preme raccontare come sono giunto a rileggere a distanza di molti anni, direi dalla mia giovinezza, il libro di Erica Jong:”Paura di Volare”, nell’edizione riservata al “Club degli Editori”, su licenza della Casa Editrice Valentino Bompiani & C. S.P.A.
Nella città dove abito attualmente, un po’ di tempo fa era in corso una manifestazione intitolata: il baratto del libro. Ci andai con l’intenzione di barattare alcuni miei libri con altri che riguardassero un personaggio sul quale sto meditando di scrivere una storia romanzata. Dopo avere fatto un paio di giri tra i tavoli sistemati a forma di cavallo, sotto una tenda in un giardino prospiciente il caseggiato sede dell’’Associazione promotrice dell’evento, mi ritrovai senza avere trovato qualche testo che facesse riferimento diretto o indiretto al personaggio di cui sopra. All’improvviso l’occhio cadde, o meglio, rimase ipnotizzato dal titolo con caratteri cubitali neri e rossi del libro:”Paura di Volare”, Erica Jong. Immediatamente la mente mi riportò indietro nel tempo, rammentandomi l’episodio spiacevole collegato a quel libro. Bisogna sapere che quando fu pubblicato in America, era il 1978, ebbe un  grandissimo successo, entrò quasi immediatamente a far parte di quei libri ritenuti un “cult”, a cui uno studente universitario come me, tra l’altro laureando in lingua e letteratura inglese, non poteva non leggere. Infatti, lo acquistai quasi subito, facendo, in verità, una certa fatica per comprarlo, in quanto ero sempre al verde, i soldi non bastavano mai. La mia famiglia non navigava nell’oro, ed eravamo in un periodo di crisi simile a quello che stanno vivendo i nostri figli di oggi. Comunque, sacrificando qualche uscita al bar e risparmiando la cifra rinunciando ad uno spettacolo cinematografico, acquistai il libro. Ricordo vagamente che lo lessi velocemente, come mi capita anche adesso quando un libro mi prende e mi appassiona. Alla fine della lettura rimasi molto colpito da quello che l’autrice, attraverso la protagonista, Isadora Wing, era riuscita a raccontare di se, nonché  del mondo femminile in generale. All’epoca non era facile imbattersi in un libro che parlasse così chiaramente e sinceramente delle esperienze sessuali e dei reconditi pensieri di una donna. Un pomeriggio, mentre si discuteva, come quasi sempre accadeva di donne, di esperienze sessuali, di sesso e di fantasie erotiche di noi giovani nella piazza principale del paese, comunicai ai miei amici che avevo appena letto un libro che parlava proprio di quelle cose, solo che questa volta a parlarne non era un autore maschio ma, un’autrice femmina, una scrittrice americana di nome Erica Jong. Appena mi addentrai nel racconto della vicenda narrata nel romanzo, il mio amico Caio, con il quale avevamo un’intesa quasi perfetta per ciò che riguardava argomenti culturali o pseudo tali, mi chiese immediatamente se potevo prestarglielo. Non potevo dire di no al mio amico, proprio con colui il quale ero più spesso sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda, ogni qual volta ci capitava di discutere insieme di qualsiasi cosa. Infatti, capitava molto spesso che bastava un suo riferimento oppure un mio cenno per intenderci all’unisono, ridendo e prendendo in giro gli altri amici che non capivano come mai noi ce la ridevamo mentre loro non comprendevano la nostra euforia. Il fatto era che tra noi, che condividevamo una cultura umanistica più elevata della loro, bastava un nome, una parola, un riferimento pur labile che potesse fornirci un indizio, che subito scattava in noi la medesima connessione, e spesso ci ritrovavamo a pronunciarla quasi all’unisono. Quando capitava ci guardavamo negli occhi,  ci scambiavamo un cenno d’intesa con il capo o un occhiolino furtivo e scoppiavamo a ridere. Quindi, date queste premesse,  promisi al mio amico Caio che il giorno successivo gli avrei prestato il libro. Il giorno seguente, come quasi tutti i pomeriggi, ci ritrovammo nella piazza principale del paese, e mantenendo fede alla mia promessa, prestai il libro al mio amico. Nel consegnarglielo gli fece promettere che l’avrebbe letto nel più breve tempo possibile e me lo avrebbe restituito, integro ed intatto, così come glielo stavo consegnando. Come si sarà capito, e se non l’avete ancora capito ve lo dico io, morale della favola, non rividi mai più il mio libro. Questo servì da motivo principale oltre a qualche altro più futile screzio per rompere un’amicizia consolidata nel corso degli anni fin dalla nostra adolescenza. Non ho più rivolto la parola a quella persona dal momento in cui decisi che non meritava la mia stima e la mia amicizia. Ora ritorniamo al libro, non appena lo ebbi tra le mani lo barattai con uno dei miei e me lo strinsi al petto come fosse stata una  sacra reliquia a lungo cercata che ritornava dal suo legittimo proprietario. Ho riletto il libro con una certa lentezza, ho voluto centellinarlo, ho inteso assaporare fino in fondo il gusto di una rilettura tentando di ritornare indietro negli anni. Non credo di esservi riuscito, troppi anni e troppe amare vicende hanno attraversato la mia mente, il mio cuore, il mio corpo. Con l’occhio attento e la mente pronta a cogliere con l’esperienza accumulata negli anni, posso dire che il libro non mi ha dato le emozioni che mi diede quando lo lessi negli anni giovanili. Ciò che l’autrice racconta nel romanzo, le sue fobie, le sue paure, le sue frustrazioni, i suoi sogni, i suoi desideri, le sue fantasie sessuali, letto con l’occhio del lettore vicino ai sessant’anni, non potevano certamente suscitare le stesse emozioni del tempo passato. Ciò nonostante, in alcuni passi ho ritrovato alcune situazioni in cui potevo riconoscere i personaggi maschili ritratti nel libro. Il romanzo è un grande affresco sulla lotta di liberazione sessuale, economica e sociale delle donne americane ed europee per emanciparsi dalla sudditanza maschile. Non credo che ci sia stata un’autrice che abbia parlato così crudamente e realmente del mondo interiore legato alla sessualità femminile. Certo, questo è vero fino a qualche anno fa, quando sono apparsi altri libri ed altri romanzi che parlavano esplicitamente delle fantasie sessuali delle donne. Però, senza fare riferimento esplicito a nessuno di essi in particolare, credo che questi ultimi possano annoverarsi più nel genere della letteratura puramente pornografica vera e propria che nella letteratura strettamente intesa. Il libro della Jong è stato un libro di rottura, un libro in cui si parla di sesso al femminile, rimanendo però nel solco della buona letteratura, che non  scade nella pura pornografia, per il solo gusto di scandalizzare ed allettare il lettore pruriginoso per vendere più copie, attraverso l’uso sapiente della pubblicità per raggiungere lo scopo di alte vendite da parte di editori senza scrupoli! Non perdo tempo a delineare la trama del romanzo, anche perché non credo che ci sia. E’ essenziale dire semplicemente che si tratta del racconto dell’evoluzione fisica e psicologica di una ragazza dalla sua fanciullezza fino alla sua completa maturazione come donna, ed alla conseguente liberazione dalla tutela di una figura maschile di riferimento. Infatti, il romanzo termina con la consapevolezza da parte della protagonista, ed in definitiva, dell’autrice stessa della raggiunta libertà da qualsiasi tutela: paterna, maritale, fraterna ed amichevole. E’ un libro che consiglio di leggere ad un pubblico principalmente adulto, che conosca anche solo per sommi capi la storia della società americana, e di concerto quella europea, così strettamente collegate tra di loro. Auguro una buona lettura a tutti quelli che dopo queste mie riflessioni vorranno intraprendere la lettura di un libro che a suo tempo fu considerato un “cult”.

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