L’Italia: una nazione (geograficamente) europea

Oggigiorno nel vocabolario politico-istituzionale italiano il termine europa è usato con sempre più frequenza. Tuttavia, dando un’occhiata a quelle che sono le statistiche sull’educazione civica degli italiani, è possibile notare che la nostra popolazione ha poca dimestichezza con il significato di europa. Ci si confonde tra il nome del Presidente della Repubblica e quello del Presidente del Consiglio, figuriamoci su quello della Commissione europea! Questo triste dato diventa ancora più sconfortante se si pensa che tra i padri fondatori dell’ UE vi era l’allora Presidente del Consiglio italiano, Alcide De Gasperi. L’Unione europea, il cui cammino formalmente iniziò con la nascita della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciao) che aveva l’obiettivo puramente economico di rendere “comune” la produzione carbo-siderurgica delle imprese dei 6 Paesi firmatari (Italia, Germania, Francia, Paesi del Benelux), nacque su stimolo del Presidente Churchill. Infatti, in un suo discorso all’università di Zurigo, dichiarò che, per superare il nefasto periodo della II Guerra Mondiale, bisognava costruire “gli Stati Uniti d’Europa”. Negli corso degli anni aderirono alla comunità anche altre nazioni e si iniziò a guardare ad obiettivi che superassero la mera aggregazione economica, si pensi al Trattato di Maastricht che, oltre alla previsione di un’unione economica e monetaria (con conseguente introduzione dell’euro come moneta unica), istituì la “cittadinanza europea” riconoscendo determinati diritti politici ai cittadini comunitari che non risiedessero nel loro Stato di appartenenza. Ma vi è di più. Nell’Europa di oggi assumono sempre più pregnanza i diritti fondamentali dell’uomo sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, proclamata nel 2000 a Nizza e riconosciuta giuridicamente vincolante grazie al recente Trattato di Lisbona (2009). Proprio quest’ultimo, e qui bisogna prestare attenzione,  regola le competenze dell’UE e dei Paesi membri in alcune politiche che riguardano da vicino ogni singolo cittadino italiano, come la concorrenza (tutte le imprese italiane ne sono soggette!), agricoltura e pesca ( settori che in Italia rappresentano una buona fetta del PIL!), ambiente, protezione dei consumatori (se oggi è possibile evitare truffe e raggiri lo dobbiamo alle direttive comunitarie!), coesione economica e sociale e l’energia. Insomma, l’Europa ci “detta” diverse regole che incidono fortemente sul modo di vivere la nostra quotidianità ma, a quanto pare, gli italiani sembrano vivere in un mondo parallelo. Ma a cosa è dovuta questa defaillance? L’educazione civica nelle scuole è stata (da sempre) una materia bistratta, i bambini hanno più facilità nel ricordare i beniamini della loro squadra del cuore anzichè chi e cosa rappresentano la loro patria e le loro istituzioni. Complici, ovviamente, sono stati anche i nostri governanti che della disinformazione e della cattiva amministrazione, a volte, fanno loro “virtù”, basti pensare ai tanti fondi strutturali che ogni anno (parliamo di milioni e milioni di euro) non vengono sfruttati dalle Regioni e ritornano a Bruxelles. Insomma, nella prospettiva di un’europa dei popoli (questa pare la direzione che stia imboccando l’UE), gli italiani devono recuperare terreno al fine di evitare che la nazione fondatrice diventi nazione fanalino.

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