40 anni senza Pasolini

La notte tra l’1 ed il 2 novembre 1975 muore Pier Paolo Pasolini, scrittore, poeta, giornalista, editorialista, regista, sceneggiatore e drammaturgo italiano.
Viene picchiato ed investito dalla sua stessa auto sulla spiaggia romana di Ostia.
La giustizia ha ritenuto colpevole dell’omicidio Giuseppe Pelosi, all’epoca diciassettenne, che pare sia stato attirato da Pasolini per avere rapporti sessuali in cambio di denaro.
Pelosi è stato condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti e successivamente la sentenza della Corte d’Appello ha escluso il coinvolgimento di altre persone nell’omicidio.
Si è sempre dichiarato innocente ed in un libro pubblicato qualche anno fa ha dichiarato di avere una relazione con Pasolini all’epoca dei fatti e di esserne stato innamorato e quindi mai capace di poterlo uccidere.
In effetti, a distanza di quaranta anni, restano ancora molti dubbi sulla morte di uno dei più grandi protagonisti della storia italiana.
Ma non tocca a noi svolgere indagini né tantomeno dare sentenze.
Occorre concentrarsi su ciò che Pasolini ha significato per la nostra cultura, basti pensare che il critico statunitense Harold Bloom lo ha inserito tra gli autori che compongono il Canone Occidentale.
Pier Paolo Pasolini nasce il 5 marzo 1922 a Bologna da Carlo Alberto e Susanna Colussi.
Ha un’infanzia ed una giovinezza segnate dai continui trasferimenti di città in città ma i luoghi fondamentali per lui, oltre la natia Bologna, saranno Casarsa della Delizia, in Friuli, dove nasceranno le “Poesie a Casarsa”, e Roma, la città che lo accoglie nel 1950 insieme alla madre e che sarà l’ambientazione di quasi tutte le sue opere.
E’ in particolare il mondo del sottoproletariato, delle borgate romane quello che Pasolini mette al centro della sua opera; quel mondo rappresentato nei suoi due grandi romanzi “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta” ed in molti dei suoi film, tra i quali ricordiamo “Mamma Roma”, con Anna Magnani. Fondamentale è l’uso del dialetto, grazie al quale Pasolini è stato considerato un innovatore dal punto di vista linguistico…e non solo! La straordinarietà di questo intellettuale è data anche dalla capacità di essere molto versatile in tutti i campi culturali. Ma come ogni grande personaggio che si rispetti, tante sono state anche le critiche che ha ricevuto, principalmente dovute ai suoi giudizi espressi in modo crudo ed alla sua omosessualità, che ha segnato la sua vita pubblica. E’ stato considerato un “Poeta maledetto” per la sua visione sempre “fuori dal coro” delle cose.
Per concludere l’omaggio ad un grande protagonista della nostra storia culturale e per capirne l’importanza, qui di seguito il discorso che Alberto Moravia che, insieme ad Elsa Morante, era legato da una profonda amicizia con Pasolini, tenne il giorno del suo funerale.
“Qualsiasi società sarebbe stata contenta di avere Pasolini tra le sue file. Abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo.
Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il poeta dovrebbe essere sacro.
Poi abbiamo perduto anche un romanziere. Il romanziere delle borgate, il romanziere dei ragazzi di vita, della vita violenta. Un romanziere che aveva scritto due romanzi anch’essi esemplari, i quali accanto a un’osservazione molto realistica, c’erano delle soluzioni linguistiche, delle soluzioni, diciamo così, tra il dialetto e la lingua italiana che erano anch’esse stranamente nuove.
Poi abbiamo perso un regista che tutti conoscono, no? Pasolini fu la lezione dei giapponesi, fu la lezione del cinema migliore europeo. Ha fatto poi una serie di film alcuni dei quali sono così ispirati a quel suo realismo che io chiamo romanico, cioè un realismo arcaico, un realismo gentile e al tempo stesso misterioso. Altri ispirati ai miti, il mito di Edipo per esempio. Poi ancora al grande suo mito, il mito del sottoproletariato, il quale era portatore, secondo Pasolini, e questo l’ha spiegato in tutti i suoi film e i suoi romanzi, era portatore di una umiltà che potrebbe riportare a una palingenesi del mondo.
Questo mito lui l’ha illustrato anche per esempio nell’ultimo film, che si chiama Il Fiore delle Mille e una notte. Lì si vede come questo schema del sottoproletariato, questo schema dell’umiltà dei poveri, Pasolini l’aveva esteso in fondo a tutto il Terzo mondo e alla cultura del Terzo mondo. Infine, abbiamo perduto un saggista. Vorrei dire due parole particolari su questo saggista. Ora il saggista era anche quello una nuova attività e a cosa corrispondeva questa nuova attività? Corrispondeva al suo interesse civico e qui si viene a un altro aspetto di Pasolini. Benché fosse uno scrittore con dei fermenti decadentistici, benché fosse estremamente raffinato e manieristico, tuttavia aveva un’attenzione per i problemi sociali del suo paese, per lo sviluppo di questo paese. Un’attenzione diciamolo pure patriottica che pochi hanno avuto. Tutto questo l’Italia l’ha perduto, ha perduto un uomo prezioso che era nel fiore degli anni. Ora io dico: quest’immagine che mi perseguita, di Pasolini che fugge a piedi, è inseguito da qualche cosa che non ha volto e che è quello che l’ha ucciso, è un’immagine emblematica di questo paese. Cioè un’immagine che deve spingerci a migliorare questo paese come Pasolini stesso avrebbe voluto”

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