In ricordo di Elsa Morante
La conobbi che era il novembre del ’36, poi sono partito per la Cina, e al mio ritorno, nel ’37, incominciò il mio rapporto con lei […] Ero affascinato da qualcosa di estremo, di straziante e di passionale che c’era nel suo carattere. Pareva che ogni giorno della sua vita fosse l’ultimo prima della sua morte. Così, in un’atmosfera di passionalità aggressiva in lei e di affetto difensivo in me, siamo vissuti venticinque anni. Tu domanderai: perché difensiva? Ti rispondo con una contraddizione: perché Elsa cercava di annullarmi e al tempo stesso, per troppa passione, annullava se stessa. Alberto Moravia
Trent’anni fa, il 25 novembre 1985, moriva una delle più grandi protagoniste della letteratura italiana del Novecento.
Elsa Morante nacque a Roma il 18 agosto 1912 da Irma Poggibonsi, maestra elementare, e Francesco Lo Monaco. Era la prima di quattro figli: Aldo, Marcello e Maria gli altri (in realtà, il primo era Mario ma era morto prima della nascita di Elsa). Crebbero tutti con il padre anagrafico e marito di Irma, Augusto Morante, istitutore in un riformatorio per minorenni.
Elsa più tardi dichiarò che, sin da bambina, aveva provato la “vergogna di essere figlia di due padri”: quello naturale e quello anagrafico. Augusto Morante, infatti, essendo impotente, aveva permesso alla moglie di avere figli con un altro uomo pur di non annullare il matrimonio perché per lui, siciliano, sarebbe stato un disonore. Essendo la più grande, Elsa fu la prima a sapere dalla madre la verità sul padre e non riuscì mai a perdonarla. Questo determinò in parte quel rapporto travagliato che emerge in molte opere sotto forma di amore filiale non corrisposto (Menzogna e sortilegio, L’isola di Arturo, Aracoeli).
Dopo il diploma, si iscrisse alla facoltà di lettere ma la abbandonò a causa di difficoltà economiche, che la portarono a dare lezioni private di italiano e latino, a redigere tesi di laurea e a pubblicare poesie e racconti su riviste. Pubblicò a puntate i primi romanzi e collaborò con vari quotidiani. Nel 1941 sposò Alberto Moravia, con il quale si rifugiò in Ciociaria durante la seconda guerra mondiale, perché accusati di attività antifasciste. Nel 1942 iniziò la stesura di uno dei suoi romanzi più importanti, Menzogna e sortilegio, pubblicato nel 1948 e vincitore del premio Viareggio. Il 1957 fu, invece, l’anno di pubblicazione di un’altra sua grande opera, L’isola di Arturo, che le diede il merito, in quello stesso anno, di essere la prima donna a vincere il premio Strega.
In quegli anni, Elsa conobbe Umberto Saba, Sandro Penna e Pier Paolo Pasolini, con i quali strinse una forte amicizia. Nel 1962 lei e Moravia interruppero il loro matrimonio senza mai, però, separarsi legalmente e nello stesso anno la vita di Elsa fu fortemente scossa dalla morte di Bill Morrow, un giovane ragazzo americano con il quale pare avesse instaurato un rapporto molto profondo.
Continuò a pubblicare molti romanzi e, tra il 1971 e il 1973, iniziò la stesura de La storia, pubblicato nel 1974.
Nel 1980 fu ricoverata per una rottura del femore, dalla quale non riuscì a riprendersi. Nel 1982 fu pubblicato Aracoeli ma le sue condizioni di salute peggiorarono. Nell’aprile del 1983 tentò il suicidio aprendo i rubinetti del gas e fu salvata dalla domestica, che la portò in ospedale, dove le fu diagnosticata una idrocefalia. Le cure non le causarono grandi miglioramenti e non lasciò più la clinica, dove, il 25 novembre 1985, morì a causa di un infarto.
Elsa Morante amava la scrittura in ogni sua forma, tanto da conservare ogni tipo di biglietto, lettera, cartolina, ricevuti non soltanto dagli amici, ma anche dalle persone che, colpite dalle sue opere, volevano che lei ne conoscesse il giudizio. Alla sua morte ha lasciato circa 5000 tra lettere, cartoline ed altri documenti epistolari, ricevuti, inviati o solo scritti. Tali documenti sono stati donati, come da lei richiesto, alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma dal nipote Daniele, figlio di Marcello (e fratello dell’attrice Laura Morante).
Sentiva il bisogno di isolarsi ogni volta che doveva scrivere e si dedicava alla scrittura dal primo appunto sul manoscritto, fino alla fine dell’iter editoriale, esponendo agli editori anche le preferenze riguardo le immagini di copertina o i tipi di legatura da utilizzare per i suoi libri.
Non amava concedere interviste, perché riteneva che la sua autobiografia dovesse essere cercata nei suoi romanzi. Infatti, Moravia aveva dichiarato: “nei romanzi di Elsa, neppure tanto trasfigurate, ci sono lei e le persone della sua vita e le situazioni tra lei e queste persone”.
E’ difficile collocare Elsa Morante in un determinato filone letterario, grazie alla sua capacità di sfuggire a qualsiasi schema prefissato e di incarnare una scrittura non stereotipata. Il suo temperamento intransigente, la sua personalità ribelle e solitaria, l'hanno resa uno dei personaggi principali della letteratura italiana del Novecento.
La ricordiamo come un’innovatrice nel campo letterario perché portavoce di una scrittura dirompente, estrema ed anticonformista.