“La bambina e il sognatore” di Dacia Maraini

Dacia Maraini in cattedra all’Istituto Tecnico “Buonarroti” di Caserta per presentare il suo libro “La bambina e il sognatore” e parlare di scuola, donne e infanzia violata.
La scrittrice: “Bisogna investire di più sulla scuola che va alla deriva. La vitalità di una società è data dalla capacità di fare progetti, per farli bisogna credere nel futuro, rimboccarsi le maniche”.
Un’Aula Magna gremita, martedì pomeriggio 15 marzo, a fare da cornice all’incontro tra la scrittrice Dacia Maraini e gli alunni del “Buonarroti”. Un prologo di specifica dell’antefatto alla serata ha evidenziato l’operato degli alunni della 5C Cat protagonisti di un percorso- progetto sul tema “Donna”. La docente Anna D’Ambra ha fatto una cronistoria del percorso, evidenziando l’impegno degli allievi che, con l’uso del mezzo informatico, hanno redatto un testo dal titolo “Donna e Storia” ed. Melagrana. La stessa insegnante ha poi specificato che, dopo la pubblicazione, la Dirigente ha proposto di fare una presentazione del testo per permettere agli allievi di provare anche l’emozione di questo atto. Così, essendo uscito  il nuovo libro di Dacia Maraini dal titolo “La bambina e il sognatore”, in cui il protagonista è un maestro, ma il tema ruota intorno alla sofferenza di bambine violate, per attinenza di argomenti, si è pensato di invitare la scrittrice come madrina dell’evento “Buonarroti”, ma in primis per permetterle di fare la presentazione del suo  testo. Dopo questo breve momento si è passati nel clou della serata con il moderatore Vincenzo de Rosa che ha passato la parola alla dirigente Antonia di Pippo per i saluti ufficiali all’ospite e alla platea composta prevalentemente da insegnanti e dirigenti. “Il Buonarroti con questo illustre ospite – ha detto con orgoglio il capo d’istituto – è arrivato molto in alto. É dal ’62 che Dacia Maraini scrive romanzi, poesie, opere teatrali e ritengo che il suo leit motiv sia un grande amore per l’umanità, una sensibilità raffinatissima nei confronti di tutte le persone”. Quindi si sono alternati gli interventi delle tre relatrici a cominciare dalla scrittrice insegnante Marilena Lucente che, dopo aver sottolineato l’importanza della scuola e particolarmente il rapporto docente-alunno, ha colto un  messaggio importante nel libro: “Non bisogna spegnere la speranza”. La scrittrice docente Maria Pia Selvaggio, a sua volta, ha toccato il tema dell’esclusione al femminile e dell’infanzia spezzata, individuando nella figura del protagonista il figlio della letteratura di Dacia Maraini che combatte allo stesso modo in cui lotta l’autrice che si confronta con tutta l’umanità alla quale suggerisce parole d’amore.  Infine la storica casertana al femminile,  docente e giornalista,  Nadia Verdile ha sottolineato il lato storico del testo della Maraini, analizzando in particolare il capitolo 30 in cui c’è un dialogo tra due adulti di religioni diverse, portatori di due culture differenti. Dopo le relatrici, ha avuto la parola la “maestra” Dacia Maraini che, dopo aver ringraziato la dirigente “il motore della scuola”, ha sottolineato come la scuola sia proprio il luogo dove poter ricominciare dopo il degrado che si vede ovunque nella società. Nel suo intervento ha trattato diversi temi, tra l’altro attualissimi, tra cui l’islamismo, una religione tutt’altro che violenta che, però, quando si trasforma in fanatismo e totalitarismo, diventa una malattia e toglie la libertà. “C’è qualcuno che vuole imporre la fede – ha chiosato la scrittrice – non bisogna prendere alla lettera un libro, neanche la stessa Bibbia dove sono espressi tanti concetti che non si possono prendere ad esempio: la giustizia non significa vendetta, la schiavitù lecita non può essere accettata”. Secondo la Maraini il rispetto dell’essere umano non porterebbe più a guerre, da qui l’invito a non battersi per imporre i valori occidentali, ma per i valori universali che devono essere sempre difesi. Con il rispetto dell’altro non ci sarebbe neanche la violenza sulle donne: “Non si può possedere nulla – ha affermato – neanche una donna. L’uomo ha sempre voluto il possesso della donna, come le donne hanno il possesso dei bambini, ma  – ha chiarito – questi uomini sono più deboli perché hanno paura e non sanno rispettare la libertà degli altri, perciò diventano assassini”. Per la scrittrice, il femminicidio è il rifiuto della cultura arcaica basata sul possesso dell’altro. La Maraini si è anche soffermata sui tre temi principali del suo ultimo libro “La bambina e il sognatore”: la paternità, il sogno e la narrazione. Questo romanzo è il primo in cui c’è una figura maschile dominante, la scelta di un “uomo”,  un maestro,  è dovuta alla sua frequentazione delle scuole, anche di quelle elementari dove ha incontrato davvero pochissimi maestri straordinari. “Questo mestiere – ha chiarito – è poco pagato e quando lo fa un uomo è un atto di coraggio. Solitamente sono le mamme che s’interessano dei bambini, ma perché – si è chiesta – non lo fanno anche i padri. É stato mortificato qualcosa nella divisione dei compiti: la paternità, e questo è un fatto gravissimo”. Analizzando la sua prima figura maschile ha confessato di avere avuto paura di non riuscire ad identificarsi con l’uomo perché è un essere umano. Da qui l’invito a ritrovare l’essere umano come tale. Molto importanti, nel suo libro, sono anche i sogni che:“non sono un linguaggio riconoscibile, ma un segnale che ci viene inviato, come la febbre, che è criptico e che noi dobbiamo capire ed analizzare. I sogni – ha affermato – sono misteriosi e mostrano un mondo rovesciato”. La scrittrice ha detto di essersi servita dei sogni per  parlare della violenza sui bambini e della scomparsa delle bambine (l’80% non sono più ritrovate), figlie di nessuno, fragili e deboli. La storia del maestro, riferisce la Maraini, è una storia inventata, ma tutto ciò che racconta a corredo di questa storia è tutto vero, appartiene alla realtà che lei conosce bene attraverso fonti certe. La relatrice ha quindi sottolineato l’importanza della scuola che non deve informare, ma formare: “Bisogna investire di più sulla scuola che va alla deriva – ha chiosato – è solo grazie ad insegnanti bravi e coraggiosi come voi che ancora resiste. La forza di un paese sta nella progettualità, non c’è bisogno di soldi, quelli arrivano dopo.  La vitalità di una società – ha aggiunto – è data dalla capacità di fare progetti, per farli bisogna credere nel futuro, rimboccarsi le maniche”. Fa dunque un accorato appello ai tanti insegnanti presenti a credere nel futuro ed agli alunni non solo a credere nel futuro ma a costruirlo. Ritiene gravissimo che anche i giornalisti sui media continuino a scrivere che non c’è futuro: “L’attuale – ha così concluso la scrittrice – non è una generazione perduta”. Sulla stessa lunghezza d’onda un’altra ospite della serata, Suor Rita Giarretta di Casa Ruth che ha lanciato un appello a tutti affinché siano sempre di più  “artigiani di futuro”. “C’è bisogno di restare umani – ha affermato la religiosa – ciò che salva è lo sguardo, i valori universali, i libri che ci raccontano di esseri umani. La speranza ha due figli: l’indignazione e  il coraggio. Non deleghiamoli!”. Alla fine, si sono susseguite diverse domande di alunni e platea alla scrittrice alle quali ha sempre risposto con interesse ed entusiasmo facendo conoscere interessanti curiosità non solo sul libro, ma anche sulla sua stessa persona.
 

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