Kodak, la fine di un’epoca
La Kodak, la famosa casa americana di pellicole fotografiche, ha avviato le procedure di fallimento. La Kodak, fu fondata nel 1880 dall'americano George Eastman con il motto: “Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto” e ha conosciuto un'inarrestabile ascesa commerciale planetaria al punto da diventare ben presto un colosso tra le multinazionali.
Eastman, che nel 1888 aveva proposto la prima fotocamera destinata ai “non professionisti”, disse che aveva dato il nome di “Kodak” alla sua neo nata azienda perchè nome corto e immediatamente memorizzabile, oltre che di nessun significato, per non incorrere in possibili problemi di copyright.
I suoi gialli rullini si distinguevano immediatamente, tra gli altri, nei banchi dei negozi di fotografo e nelle tabaccherie, ed erano garanzia di qualità alla quale anche il fotografo della domenica poteva aspirare. Chi, poi, non ricorda le campagne pubblicitarie del marchio? Famosissima, quella di una ventina di anni fa, che proponeva un piccolo alieno (che pochi sanno essere un attore napoletano) che in visita sulla Terra, scattava foto dicendo “Ci-Bi-Di-Bi Kodak!”.
Generazioni di fotografi amatoriali, novelli Cartier-Bresson se in bianco nero, con la famosissima pellicola “Tri-x” da questi utilizzata, o emuli di Helmutt Newton, se con aspirazioni glamour dai colori superbi che le insuperate diapositive “Kodakrome” consentivano, apprezzavano la qualità dei prodotti di questa azienda al pari di molti professionisti.
Il caldo tono delle immagini Kodak, contrapposto alle più “fredde” pellicole Fuji, la maggiore competitrice commerciale degli ultimi decenni, rassicurava e dava la sensazione di “foto di famiglia” ai ricordi così ripresi.
Ulteriore innovazione di questo marchio, furono inoltre le macchinette “usa e getta”. Chiunque poteva acquistarle per poche migliaia di lire, immortalando la gita fuori porta della domenica o una ricorrenza in famiglia.
Ma la foto in pellicola, specchio di un'epoca, si basavano su un fattore specifico: il tempo.
Bisognava impostare il giusto tempo di esposizione prima di scattare la foto, poi si doveva attendere il momento nel quale si sarebbe potuto andare dal fotografo per lasciare i rullini da sviluppare, quindi si dovevano aspettare alcuni giorni che la pellicola fosse effettivamente sviluppata e fossero stampate le immagini.
Dopo tanta attesa, che negli ultimi tempi si erano ridotte a poche ore, quasi specchio dei tempi sempre più frenetici, ci si recava con trepidazione al negozio per ritirare le foto ormai pronte, verificando che fossero venute bene o che l'intuizione della combinazione tempo-diaframma avesse consentito di catturare quella scena irripetibile, fatta di luce, chiaro scuro, ombre, colori, che inaspettatamente si era proposta sotto i nostri occhi.
Certamente il digitale ha dato una mazzata decisiva ai fabbricanti di pellicole i quali, a partire dall'inizio degli anni 2000, hanno sempre più faticato a trovare spazi alternativi.
La Kodak non è stata da meno e, piano piano, ha cercato di diversificare la produzione iniziando a proporre fotocamere digitali e, quindi, stampanti fotografiche con le quali, complici i programmi di foto-ritocco sempre più diffusi, chiunque poteva stampare le immagini a casa propria.
Ma è stato un ripiego di breve durata durato, al più, questi ultimi dieci anni.
La progressiva introduzione di telefonini smartphone, dotati di fotocamera interna dalle qualità sempre migliori, anche se inevitabilmente inferiore alle possibilità della pellicola, e la tendenza di non stampare le foto, sia per il loro alto numero che le macchinette digitali invitano a fare (e quindi per i costi conseguenti in un momento di crisi economica), vuoi per la diffusione di personal computer e dei telefonini dagli schermi sempre più grandi e definititi che consentono di fruire immediatamente l'immagine, ha comportato il definitivo tracollo del mercato, vanificando il piano di risanamento economico che lo storico marchio stava tentando di attuare.
L'uscita di scena della Kodak non costituisce solo la scomparsa di una importante realtà industriale e commerciale, ma sancisce la fine di un'epoca e ci proietta tutti, senza ulteriori appelli, nell'era del virtuale digitale di massa di scadente qualità (rispetto alla pellicola), oltre che della frenesia delle cose consumate immediatamente e altrettanto velocemente annegate nell'oblio.
La fine di Kodak, in definitiva, è lo specchio dei tempi.