“Letteratitudini” saluta la stagione culturale 2015/2016

Come da programma, lunedì 20 giugno u.s. h avuto luogo l’incontro di Letteratitudini dei soci fondatori di questa bella realtà culturale a Cancello ed Arnone.
Infatti gli amici di Letteratitudini: Giannetta Capozzi, Lella Esposito Arkin Jasufi, Felicetta Montella, Raffaele Raimondo, Laura Sciorio, Marinella Viola, guidati dalla coordinatrice del gruppo culturale, Matilde Maisto, hanno organizzato una eccezionale serata inerente l’Addio/Arrivederci/ciao.
Sappiamo che ogni congedo comporta quel particolare saluto che è l’addio. Il nostro tempo, con il frenetico susseguirsi degli eventi e con il correlativo accorciarsi delle attese, ha ridotto ad una pura convenzione l’augurio di salvezza implicito in ogni saluto e il congedo tragico immanente in ogni addio. Eppure questo particolare gesto, che mantiene e custodisce la lontananza  è sempre stato presente, come “figura” principe nella letteratura e nell’arte di tutti i tempi.
Tantissimi, quindi, i poeti che nel corso dei tempi hanno cantato il tema dell’Addio in Storia e Letteratura.
Pensiamo, ad esempio, l’addio degli emigranti, oppure “Addio ai Monti” di Alessandro Manzoni; “I Malavoglia” di Giovanni Verga.
L’addio degli emigranti, l’allontanamento dalla propria patria, dalla propria casa, da tutto ciò che vi è di più caro. Un tema, questo, che per la drammaticità intrinseca ben si presta a numerosissime interpretazioni letterarie, che a seconda dell’autore e del periodo storico raccontano e analizzano da punti di vista e con tecniche e stili differenti, un atto di per sé sempre doloroso.
Prendiamo “l’Addio ai monti”, celebre passo tratto dal capitolo VIII de “I Promessi Sposi”: in seguito al tentativo fallito di ingannare don Abbondio, Renzo, Lucia e Agnese si vedono costretti ad abbandonare il paesello in cui vivono, aiutati da Fra Cristoforo. Ed è proprio mentre i tre si allontanano a bordo di una piccola imbarcazione a remi che Lucia, volgendo la testa indietro, dà un ultimo saluto a quei luoghi tanto amati. Nonostante si tratti di un testo in prosa il passo può essere a tutti gli effetti definito come una delle pagine più liriche del romanzo.
Famosissimo è L’addio di ‘Ntoni  “Una sera, tardi, il cane si mise ad abbaiare dietro l’uscio del cortile, e lo stesso Alessi, che andò ad aprire, non riconobbe ‘Ntoni il quale tornava colla sporta sotto il braccio, tanto era mutato, coperto di polvere, e colla barba lunga… (da I Malavoglia, cap. XV)   Questo brano chiude il romanzo I Malavoglia: il giovane ‘Ntoni ha scontato la pena che la società gli ha imposto per aver svolto attività illecite, ma solo adesso si appresta a scontare veramente la sua colpa. La condizione di estraneità del personaggio è subito evidenziata dall’abbaiare del cane che non conosce ‘Ntoni, e quasi non lo riconoscono neppure Alessi e Mena tanto era mutato, coperto di polvere, e colla barba lunga. Il giovane Malavoglia non appartiene più al suo mondo d’origine e il ritorno alla casa del nespolo è in realtà un addio definitivo: egli sa di aver tradito i valori morali della famiglia e di non poter offendere con la sua presenza il nucleo ricostituito degli affetti e dell’onore. La sua visita ad Aci Trezza, quindi, si configura come un ultimo, intenso saluto al passato: ‘Ntoni ripercorre i luoghi della propria casa come se li vedesse per la prima volta (… va guardando in giro le pareti, come non le avesse mai viste), perché per la prima volta ha compreso il valore di ciò che essi rappresentano: l’unità familiare, l’affetto, l’onore, l’onestà. Alessi e Mena, d’altra parte, pur dimostrando con i loro semplici gesti l’affetto nutrito per il fratello (Gli misero fra le gambe la scodella, perché aveva fame e sete; Alessi gli buttò le braccia al collo), condividono la sua scelta di allontanarsi, ritenendola l’unica possibile. La condanna di ‘Ntoni, insomma, non poteva essere più dura: proprio ora che «sa ogni cosa», deve andarsene, nonostante il rammarico. L’esclusione di ‘Ntoni è definitiva e irreversibile: nel momento in cui le ha tradite, egli ha perso le sue radici ed è solo in mezzo al paese. .
Io stessa, nel mio piccolo, ho composto un racconto breve riguardante“l’addio”:
 CHE GIORNO E’…
 
Un giorno qualunque, umido, uggioso, freddo. Nuvole basse coprivano il cielo, non pioveva, ma c’era presagio di precipitazioni imminenti. Una giornata pesantemente tediosa, malinconica e triste.
Poi, come previsto, la pioggia arrivò ed io avvertii la netta sensazione di vivere uno di quei squallidi giorni, apparentemente inutili e noiosi, nei quali non succede nulla di speciale. Tu vorresti solo essere in casa e sonnecchiare accoccolata su una comoda poltrona accanto ad uno camino con un fuocherello scoppiettante. Invece, quella volta, da lì a poco avrei preso un treno che mi avrebbe portato lontano, molto lontano!
Col naso incollato al finestrino, vedevo passare persone frettolose, tutte imbacuccate, ben coperte in abiti pesanti e caldi. Per la verità,  immaginavo che fosse così, dato che i miei lunghi sospiri, a tratti, rendevano il vetro opaco ed ed iridescente e, in tal modo, non vedevo più nulla. Poi, all’improvviso, la figura della mamma mi apparve d’incanto attraverso il vetro. Non piangeva, ma il suo viso era molto triste; mi girai verso di lei che mi guadava con tutto l’amore che aveva nel cuore. I suoi occhi erano splendenti, luminosi ed amorevoli; mi abbracciò dolcemente e disse: -Mi raccomando copriti bene e indossa il golf di lana pesante!- Ed io ubbidii alla mia mamma; presi il maglioncino che ella stessa aveva lavorato a mano per me e pensai: -Ma come posso indossare questo golf ? E’ talmente pesante che sarebbe come portare un peso sulle spalle.- Intanto, rigirandolo, lo piegai e lo appoggiai sulla valigia in corridoio. Frettolosamente baciai mia madre e fui in strada, dove un  taxi mi portò alla stazione, per salire su un treno diretto a Milano. Lì mi attendeva la mia nuova vita…Non passò molto tempo e ricevetti una telefonata: mia madre stava male… Partii subito, ma non feci in tempo ad arrivare: lei se ne era “andata”, senza salutarmi, poco prima che io giungessi al suo capezzale… Ed ora sono qui; ho sul braccio il golf che lei ha lavorato per me; sento ancora la sua voce che mi dice di indossarlo per non prendere freddo; vedo i suoi occhi limpidi che mi sorridono, che continuano a dichiararmi “amore”, ma…io non so darmi pace! Continuo a chiederle: -Mamma, perché non mi hai aspettata ?-
Molto vario, dunque, il tema dell’addio, ma la serata di Letteratitudini è stato soprattutto un arrivederci al nuovo anno 2016/2017.
Per questo ultimo incontro è stata prevista la lettura e la discussione  di alcune meravigliose poesie, come: “Lettera di addio” di Gabriel Garcia Marquez – “Stavo per dirti addio” di Paolo Silenziario – “Addio!” di Giovanni Pascoli – “Farewell” di Pablo Neuda – “Addio” di Nazim Hikmet – “Addio a una vista” di Wislawa Szymborska – “Ciao amore ciao” di Luigi Tenco – “Ciao” di Mariella Mulas.
Comunque la serata non è stata improntata esclusivamente sulla cultura, ma anche sulla convivialità ed il piacere di stare insieme, gustando un’ottima cenetta in compagnia.
Ed allora: ciao, ciao, lieve parola che induce al sorriso, al piacere dell’incontro, a condividere poi lo stesso attimo negli sguardi che si abbracciano!
Buone vacanze, ci rivediamo ad Ottobre prossimo!
 

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