Le donne protagoniste dei due spettacoli al piccolo casertano

Il Piccolo Teatro Cts di via Louis Pasteur 6 a Caserta (zona Centurano) anche per questa settimana ripropone tre giorni di spettacoli. Precisamente per venerdì 18 novembre alle ore 21 è previsto lo spettacolo presentato dalla compagnia Sin Hombre in ”SUDiamo l’anima”, ideazione, scrittura e regia di Maria Iannotta con Viviana Venga, Simona Cipollaro, Mario Bellafonte, Luigi De Simone, Carmine Iannotta e Rino Principe Abate, musiche e parole originali di Mario Bellafonte in arte Bema, luci, audio e grafica di Cesare Napolitano, scene di Archeos. Mentre per sabato 19 alle ore 21 e domenica 20 novembre alle 19 verrà presentato “Aspettando che spiova”. In scena Gianluca d’Agostino nelle vesti di interprete, regista e autore dello spettacolo, con lui Luigi Credendino.
Queste le note di regia per ”SUDiamo l’anima”. La scena si apre con un confessionale al centro, una luce bianca, fioca, lo illumina, intorno è tutto buio. Il confessore (B) è già dietro la tendina del confessionale, non appare mai. Ai lati del confessionale delle panche di legno, si intravedono delle sagome sedute. Tutte le sagome sono caratterizzate da una corda legata alla caviglia, e sono tutti vestiti di nero, con al polso una maschera bianca, inespressiva. Suona la campanella che dà inizio alla funzione. Si illumina la prima panca, leggermente di rosso, caldo, c’è seduto un ragazzo, molto giovane apparentemente, ha una chitarra in mano, l’accorda. È un viaggio nell’entroterra campano, è tutto lasciato all’immaginazione, molte le cose taciute, lasciate all’interpretazione propria. Si tratta di quel pezzo di Campania che tutti nominano ma nessuno conosce veramente. Quando si pensa al Sud, viene in mente solo il sole, anche se la pioggia è la protagonista indiscussa. Il tentativo è quello di raccontare come si vive veramente quaggiù, che nonostante le brutture, si sopravvive, che spesso ci si affida alla fede bugiarda, che a volte non si vede più la luce e ci si lascia andare, o che a volte l’ignoranza prevale e che si chiede perdono per dei peccati che forse non si ha nemmeno commessi. Che si suda davvero l’anima, ma che non si sa bene a chi chiediamo perdono. Che forse è meglio che questi peccati li teniamo per noi.
Ecco alcune considerazioni a margine dello spettacolo “Aspettando che spiova”. Il testo di questa pièce è inedito. Il progetto nasce innanzitutto da un desiderio di fare teatro insieme e dall’esigenza di creare qualcosa di proprio a 360°. C’è un attore con una propensione alla drammaturgia, il quale scrive per sé e per altri attori che ha incontrato nei diversi contesti e coi quali vorrebbe lavorare ancora. La scrittura nasce per l’attore e non è l’attore che deve adattarsi al testo. Nel caso specifico di questo spettacolo, gli attori hanno seguito il lavoro preliminare alla messa in scena ancora più da vicino, eseguendo un ciclo di letture di alcune bozze, durante la fase di costruzione del testo, per aiutare l’autore a trovare nuove idee e suggestioni. Infatti, il risultato finale è figlio dei dibattiti nati durante queste letture. Lo spettacolo vuole essere una critica disillusa al teatro, in una maniera, ci si prefigge, nuova, inedita, innovativa; ma è anche un gioco. La scrittura ha come presupposto l’intento di creare, piuttosto che dei personaggi plausibili, un insieme di occasioni per gli attori che si muovono dentro quelle parole e quei rapporti.
Queste le note di regia. Un temporale è lo sfondo della performance. Serve a creare il clima, l’atmosfera di tensione e di malumore di fondo, ancor prima che avvenga tutto. Il diluvio è metafora di un mondo che si avvia verso il capolinea. Il presagio di una catastrofe, di qualcosa che è più grande e che non si potrà mai gestire. La regia sarà essenziale, si ricreerà l’effetto climatico con il supporto tecnico di audio e luci. Per quanto riguarda la scena, si immagina un teatro che perde. Qua e là recipienti di varie dimensioni a raccogliere le gocce che il soffitto non riesce a trattenere. Si immagina che ci sia una specie di tetto o qualcosa del genere sulle teste degli attori, dal quale ogni tanto cada a terra un po’ d’acqua piovana accumulatasi.

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