“Zucchero Amaro” di Enrica Romano

Per i cultori della poesia e dell’arte venerdì 24 febbraio sarà una serata di gran pregio, Vairano Patenora si arricchirà di un avvenimento di raffinato valore artistico e letterario, ospitando con orgoglio la professoressa Enrica Romano che presenterà il suo ultimo libro, una raccolta di poesie, che ha per titolo “Zucchero Amaro” Edizioni Sophia 2016. Nata ad Aversa, laureata presso l’Università di Napoli Federico II, in filosofia ad indirizzo psicologico, mediatrice familiare, counselor psicosociale e docente di filosofia e scienze umane presso i Licei, da sempre attenta a tematiche forti come la tutela delle donne, esordisce nel 2009 con “Donna e uomo: due modi di essere umano” e prosegue con la pubblicazione della prima silloge poetica che ha per titolo “Ho roghi al cuore” nel 2012. Vincitrice di molteplici premi letterari che attestano la sua raffinata e forte inclinazione poetica, ricordiamo infatti la lirica “1000 Criste”, da cui è anche nato un importante progetto che mira ad opporsi al sempre più dilagante fenomeno della violenza sulle donne, propone anche a Vairano Patenora, presso la Biblioteca Comunale “Angelo Broccoli” il suo ultimo lavoro poetico, “Zucchero Amaro”. La raccolta di poesie, da cui emerge l’originalità della ricerca dell’imprevisto, é  arricchita da  una costruzione metrica  pregiata, che rende ancora più interessante il contenuto.  Nel corso della serata sarà presente la professoressa Mariangela Semola accompagnata da alcune allieve del Liceo Scientifico “Leonardo Da Vinci” di Vairano Scalo, che allieteranno i presenti declamando alcune liriche del libro. Da sottolineare è la nota introduttiva del professor Giuseppe Limone, ordinario di filosofia della politica e del diritto alla Seconda Università di Napoli, che nella prefazione al testo, dice: “Sembra […] che l’autrice voglia confessare a sé stessa e al lettore la nascosta funzione auto-terapeutica della poesia. Si tratta di una terapia molto fine, ad alta definizione formale, che cerca la salvezza dal dolore nell’idea di una parola che se ne fa portavoce e sigillo”

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