Lentezza della magistratura e forze di polizia nei confronti di una donna oggetto di stalking
All’indomani dell’8 marzo 2017, Festa della Donna, possiamo affermare, senza ombra di dubbio, che l’Italia non è un Paese per donne. Dall’inizio dell’anno, i femminicidi sono stati tanti, nel 2016 hanno abbondantemente superato la soglia di centinaia di casi. La violenza contro le donne ha mille facce e mille forme e non sempre l’intervento dei magistrati è altrettanto efficace e tempestivo al fine di salvare la vita alle donne. Fra l’alto, nei giorni scorsi anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia per non aver agito con sufficiente rapidità per proteggere una donna e il ragazzo di 19 anni. Il caso si riferisce a quanto avvenuto a Remanzacco (Friuli-Venezia Giulia), il 26 novembre del 2013 quando Andrei Talpis – ora in prigione – aggredì la moglie Elisaveta. I giudici di Strasburgo, la cui sentenza diverrà definitiva tra tre mesi se le parti non faranno ricorso, hanno stabilito che “non agendo prontamente in seguito a una denuncia di violenza domestica fatta dalla donna, le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza, che infine hanno condotto al tentato omicidio della ricorrente e alla morte di suo figlio”. L’Italia, si legge nella sentenza che è la prima per un reato di violenza domestica in Italia, ha violato gli articoli 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei diritti umani. Il vero problema riguarda quello che accade tra il momento della denuncia e l’intervento del magistrato. Perché spesso i giudici non prendono provvedimenti oppure lo fanno con un ritardo che a volte può essere fatale. E non si può negare quanto gravi siano le carenze nella risposta, quando una donna implora aiuto. Proprio come sta accadendo ad una donna residente in un comune attiguo alla città capoluogo di provincia, sposata con un appartenente ad una forza di polizia armata. “Purtroppo” – ha affermato Antonio PAGLIA, sottufficiale in pensione – “anche se le denunce sono precise e circostanziate, la scelta di intervento è affidata alla discrezionalità del magistrato. Il numero di casi da esaminare è molto alto, per questo bisogna sollecitare il Ministro della Giustizia ed i responsabili dei distretti a nominare pool di pubblici ministeri “appositamente dedicati” a queste problematiche. Ora” – ha aggiunto Paglia – “ci si affida al pubblico ministero di turno che spesso si occupa di altre specializzazioni e tratta il caso allo stesso modo di una rapina o di un incidente stradale. Invece bisognerebbe sfruttare al massimo gli strumenti della legge che possono essere molto efficaci. E soprattutto bisognerebbe intervenire con maggior decisione. Purtroppo “ – ha sottolineato l’ex sottufficiale – “la custodia cautelare in carcere per il persecutore per questo tipo di reati avviene raramente. Quando addirittura non si arriva al paradosso di concedere gli arresti domiciliari. In alcuni casi, come abbiamo letto e sentito in televisione, la vittima si è vista costretta ad allontanarsi insieme ai figli perché il giudice aveva disposto l’arresto nell’abitazione familiare. Le norme sono buone” – secondo Paglia – “bisogna solo applicarle veramente. Esiste, per esempio, l’ammonimento. È un atto amministrativo che viene emesso dal QUESTORE al termine di una veloce istruttoria e può essere molto efficace perché non ha le conseguenze della querela, ma si è rivelato un ottimo deterrente e, nel caso di recidiva, la denuncia scatta automaticamente. Se la vittima chiede aiuto ma poi rifiuta di presentare la querela si procede d’ufficio. Comunque” – ha concluso Paglia – “è fondamentale che i magistrati dispongano tutti quei provvedimenti: divieto di contatto, obbligo di allontanamento dalla casa familiare, divieto di avvicinarsi al luogo di lavoro, che servono davvero a proteggere le vittime. Il marito con circa 20 anni di servizio che non svolge o meglio svolgeva servizio in questa regione ma faceva il pendolare con 24 ore di lavoro e poi alcuni giorni di riposo; la coppia ha dei figli di diversa età che andavano d’accordo con la madre anche se la stessa subiva violenze fisica da alcuni di loro. La più adulta” – racconta Paglia – “alcuni anni fa le ha spezzato un dito con conseguente ingessatura. Il marito per intimorire la moglie e, in una occasione anche un figlio, estraeva spesso la sua arma di ordinanza e la minacciava facendo uso anche di coltelli”. Secondo quanto affermato da Paglia, “…. L’uomo è in cura da uno specialista di Caserta. La coppia si separava di fatto nei primi mesi dello scorso anno e la serenità sembrava essere tornata in casa. Ma il marito la perseguitava con minacce su wz, messaggi, fino a seguirla ripetutamente cercando di avvicinarla. La signora, stanca di queste vessazioni e minacce, inoltrava la prima denuncia ai Carabinieri. Ai primi dell’autunno dello scorso anno il soggetto veniva “spogliato” dal suo corpo di polizia della pistola d’ordinanza e dal tesserino. Ma il poverino ha incominciato a dare calci piangendo con tutti e impietosendo finanche la famiglia della moglie che prima non lo sopportava proprio ed ora è alleata del soggetto, talmente alleata che ha teso un vero e proprio agguato a A.S. picchiandola. Non contento” – prosegue Paglia – “il signore in questione, che non si era occupato mai dei figli, ha incominciato ad usarli come ariete contro la madre spalleggiato dal proprio avvocato. Tempo fa uno dei figli ha mandato la mamma in ospedale che è stata refertata non prima di aver evidenziato ad A.S. “… ma signora è suo figlio non può denunciarlo”. L’energumeno, principale attore di questa vicenda, taglia anche il sostentamento economico e la signora con dignità comincia a lavorare come domestica a ore. L’ultima denuncia e di poco tempo fa per TENTATO OMICIDIO perché ha cercato di investirla con l’auto. In questa triste vicenda sono intervenuti tutte le forze di polizia ma non tutti hanno fatto il proprio dovere” – conclude Paglia – “Nessun intervento da parte della Procura di S.Maria Capua Vetere che resta a guardare e non parliamo dei servizi sociali del comune in questione ASSENTI pur informati per iscritto. Tutti aspettano il prossimo lenzuolo bianco sul cadavere di una donna e “Le Stelle Stanno a Guardare” scriveva Cronin ma i convegni sul femminicidio si susseguono a ritmo enorme e fanno solo parole”.