Leva militare e servizio civile
Il tema di un eventuale ripristino della leva militare, sospesa una quindicina di anni fa, è ricorrente sui gruppi di discussione e, proprio in questi giorni, serpeggia virulento sui social rinfocolato dalle parole del Ministro della Difesa Pinotti che ben vedrebbe un servizio civile obbligatorio in luogo della leva militare.
A suo dire, l'esperienza servirebbe a rinsaldare nei giovani sentimenti di identità ed unità nazionale.
Un tempo la leva costituiva il primo vero distacco dalla famiglia. In una Italia ancora rurale e a diverse identità culturali, ha avuto il grande merito di unificare il Paese dando a molti giovani il necessario viatico per accedere al mondo adulto.
La leva quindi, nel bene e nel male, era utile e avrebbe continuato ad esserlo anche per i giovani dell'epoca di internet. Nulla, come servire la Nazione in armi, obbligo che infatti è saggiamente indicato dai Padri costituenti nella Carta costituzionale, da il senso di identità ed unità nazionale.
Poi alle soglie del secondo millennio, la constatazione che (fortunatamente) non ci fossero imminenti pericoli di nuove grandi guerre simmetriche, ossia di guerre ove si confrontano grandi eserciti di forze regolari, ha comportato la considerazione che fosse antieconomico mantenere strutture e piante organiche pachidermiche e la decisione di sospendere la leva.
Sospendere e non sopprimere in quanto per eliminare la leva del tutto sarebbe necessario mettere mano alla Costituzione.
Con italica doppiezza, la leva è solo sospesa ma non si capisce come sarebbe possibile riattivarla, avendo accuratamente smantellato infrastrutture logistiche e ridimensionato piante organiche (basti pensare al complemento) che servivano a gestire il grande flusso di persone connesse.
Dunque di fatto la leva è stata soppressa e la sua abolizione è derivata da mere motivazioni economiche piuttosto che da una concreta attenzione ai bisogni ideologici dei giovani.
Oggi, a distanza di soli pochi anni dalla soppressione di fatto della leva, si argomenta di volerla scimmiottare impiantando un servizio civile, col nobile dichiarato scopo di educare i giovani a etici sentimenti di identità nazionale.
Ma a ben riflettere, come le motivazioni per la sua sospensione sono state meramente speculative, così si deve ritenere siano quelle che ora animano i sostenitori di un servizio civile obbligatorio.
Del resto basta guardare all'esperienza del servizio militare che ha sostituito la leva e che é svolto dai volontari in ferma prefissata (un anno e, successivamente, quattro anni), giovani impiegati senza alcuna certezza per il futuro.
Un vero e proprio precariato legalizzato di almeno cinque (talvolta sei o sette) anni. Tempo prezioso del tutto sprecato in caso di non passaggio in spe (servizio permanente, ossia a tempo indeterminato), poiché trascorso senza maturare alcuna competenza di vero interesse per la società civile.
Numerosi, infatti, sono i casi di giovani che dopo aver trascorso i loro migliori anni come volontari in ferma prefissata, che ben diversamente avrebbero messo a frutto andando all'università o imparando un mestiere, poi sono costretti a tornare alla vita civile e non avendo maturato alcuna competenza di interesse di aziende civili, finiscono nei gironi danteschi del precariato dei servizi di guardiania.
Dunque meglio sarebbe evitare di replicare l'esperienza con un servizio civile, mero scimmiotto della leva militare, che sotto il manto apparente della nobiltà di scopo già si paventa come un nuovo modo per proporre un precariato legalizzato, utile forse solo a tappare i buchi di organico delle pubbliche amministrazioni con un esercito di volenterosi e sottopagati docili lavoratori stagionali.