Ieri a Rai Due la drammatica vicenda del Monte Bianco

A Bonneville (Francia), nei giorni scorsi, ha avuto inizio il pi? grande evento giudiziario mai celebrato nella nazione Oltrealpi: il processo per il rogo del traforo del Monte Bianco – che il 24 marzo del 1999 provoc? 39 morti (16 italiani) e danni per oltre 300 milioni di euro, con 228 parti civili costituite. Fu un Tir belga, un Volvo Fh12, carico di margarina e farina a provocare il tragico rogo, sviluppatosi al centro del tunnel inaugurato nel lontano luglio del 1969, e gestito approssimativamente sul piano della sicurezza. L?apertura del processo ha rinnovato le ferite mai rimarginate sia tra i familiari colpiti da quell?immane tragedia, che tra gli amici di coloro che perirono nel disastro. Anche Camigliano, piccolo centro casertano (gemellato prima della tragedia con un paesino francese dell?alta Loira, Bauzac), fu involontario protagonista in quei giorni che vide la stimatissima famiglia Vessella colpita nel pi? caro affetto: la perdita del caro Giuseppe, 51 anni all?epoca del disastro – molto amato in paese poich? da tutti considerato marito e padre affettuoso nonch? instancabile lavoratore arruolatosi giovanissimo nella Guardia di Finanza.

Spirito libero

Ma ? il suo spirito libero, la passione per i bisonti della strada- a farlo diventare camionista di linea: gira l?Italia, l?Europa, su e gi? per il Regno Unito, l?Olanda, il Belgio, la Germania, e cosi via: il lavoro ? duro, ma non gli pesa affatto. Giuseppe ama quel lavoro fatto con passione e dedizione. Ad un matrimonio di amici comuni, l?incontro fatale con l?anima gemella, finalizzato qualche anno dopo con l?adorata consorte. Dalla felice unione con la moglie Carmela, nascono Teresa, Cinzia e Danilo (28, 25 e 20 anni), che convinceranno Giuseppe ad abbandonare il Tir per gestire con ottimi risultati un frequentatissimo bar, al centro del paese.
Gli affari vanno bene, il locale diventa un punto di riferimento: gentile e disponibile con tutti, specialmente con i giovani che lo ricordano: ?Un uomo dal cuore d?oro, Peppino, quando ci vedeva pensierosi, era lui ad avvicinarci per chiederci quali fossero i nostri problemi e, sapeste quante volte a tanti di noi, ha elargito anche del denaro, poich? non tutti eravamo in condizioni di ricevere la ?paghetta? ogni domenica?.
Purtroppo, l?amore per i bisonti della strada, spinge Giuseppe ad abbandonare la gestione del bar. Inizia a guidarne uno di una nota ditta di trasporti della zona. ?Da quel momento, sia tra noi, che tra i familiari, sorsero i timori per la sua incolumit??.
E puntuale la tragedia era dietro l?angolo.
?Dopo l?annuncio della tragedia – appresa al Tg5 – rivela con gli occhi lucidi la moglie Carmela – mi attaccai per ore al telefono, con la speranza di rintracciare il mio Giuseppe, ma lui non rispondeva, non poteva pi? rispondere, si era rifugiato nella cella del Tir (a tre gradi), per evitare l?asfissia. Una fine orrenda? orrenda… Io speravo, telefonavo, ma lui aveva gi? raggiunto il mondo dei pi??.

Nel vano frigo

Il suo corpo fu ritrovato dopo un mese. I familiari, il 22 aprile del 1999 ne riconobbero i resti. Il corpo era rimasto integro perch? Giuseppe, per sfuggire al densissimo fumo, aveva cercato rifugio nel vano frigorifero del Tir, diventato la sua tomba.
Le spoglie furono consegnate alla famiglia il 18 maggio 1999.
?Ancora oggi, a distanza di sei anni, il triste ricordo ? vivissimo – continua la vedova Vessella – le ferite non si rimarginano, la perdita di Peppino ? stata, per noi, una sciagura immane e niente e nessuno potr? mai affievolire il nostro dolore. Sono fortemente amareggiata perch? lo Stato italiano ci ha completamente ignorati, non abbiamo mai ricevuto neppure una telefonata, da nessuna istituzione siano esse: la Provincia, la Regione e lo Stato. Di certo non mi aspettavo un aiuto economico ma, umanamente, sarebbe stato opportuno inviarci un attestato di solidariet?. Niente! Mi sono ritrovata, da sola, ad accudire i miei tre figli avvertendo la noncuranza di chi dovrebbe, in certi casi, far sentire, almeno, la propria solidariet?. Le uniche condoglianze, ricevute dal governo francese. Ho toccato con mano – che i nostri rappresentanti, molto abili nel raggirare le persone che in loro sperano, non vanno oltre le solite promesse, puntualmente non mantenute?.
?Un dolore troppo atroce, che viviamo da quel giorno tremendo di sei anni fa; le ferite sono sempre aperte, il processo ci fa rivivere quei momenti terribili – ci auguriamo che altre famiglie non abbiano a soffrire la tragedia da noi vissuta – rileva- la signora Carmela. Il calvario di quei giorni ci spinge a ben sperare affinch? sia stata portata pi? sicurezza negli impianti che attraversano il tunnel. Il tunnel ? stato riaperto, ma il contenzioso che dovrebbe riconoscere i danni da noi subiti finora non ha portato alcun risultato. Fino ad oggi non abbiamo ricevuto alcun indennizzo?.

Tre semafori dal segnale verde per finire nell?inferno di fuoco

Un processo che si annuncia lungo – le responsabilit? rimpallate – con la giurisdizione territoriale ballerina, buona alleata per i sedici imputati per omicidio involontario semplice, tra cui 12 persone fisiche e 4 giuridiche. I giudici dovranno accertare eventuali responsabilit? al riguardo: l’origine del rogo; la gestione delle operazioni di soccorso e lo stato delle dotazioni di sicurezza del traforo. I parenti delle vittime attendono ancora il risarcimento, che pur se cospicuo, non ripagher? mai la vita dei cari congiunti.
Distrazioni, negligenze, omissioni, inadempienze, costate la vita a trentanove persone che in parte potevano essere salvate, se qualcuno avesse provveduto a bloccare il transito. Tre semafori che segnavano verde e che davano il libero accesso nel tunnel della morte.
Intanto nella notte del prossimo 14 marzo, il Traforo del Monte Bianco chiuder? al traffico per consentire lo svolgimento di un?esercitazione: Lo rende noto il Geie del Traforo, ricordando che il regolamento di circolazione, approvato dal governo italiano e francese, prevede lo svolgimento di tali esercitazioni ogni trimestre per verificare le procedure, i piani e le attrezzature di sicurezza del traforo stesso.
Il rammarico ? che tali procedure siano state previste solo dopo la morte di 39 persone.
La cosa scandalosa di questa tragedia ? stata la totale mancanza di solidariet? da parte dello Stato italiano, solidariet? che non dipende da competenze territoriali: vittime totalmente ignorate dall?Italia, persone nulle, trattate peggio delle bestie.
La stessa Tv che, tramite l?effetto catodico, avrebbe potuto sensibilizzare gli inquirenti ha liquidato il caso immediatamente e in pochi minuti. E? l?Italia mediatica, dove si dedicano decine di puntate di Porta a Porta alla Franzoni, alla mamma di Denise, alle sorelle Lecciso, ai pentiti superprotetti dopo trenta omicidi e si dimenticano 16 italiani, che hanno fatto una fine atroce.

Ieri a Raidue

La drammatica vicenda ? stata raccontata ieri, 3 marzo, nella trasmissione ?Piazza Grande?, programma di successo in onda su Raidue, condotto da Giancarlo Magalli, con la collaborazione di Mara Carfagna, Fiordaliso e Paolo Fox.
L?ennesimo passaggio televisivo per la provincia di Caserta. Passaggio mediatico favorito dal nostro Giuseppe Sangiovanni, giornalista free lance di Caiazzo, collaboratore esterno del programma Rai, contattabile per storie di vivibilit?, curiosit?, burocrazia, inefficienze e truffe (Mi Manda Raitre, Striscia La Notizia, Costanzo Show, Piazza Grande, Domenica In, Buona Domenica )- al 3383322917 – E-mail: sanzero@libero.it

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