Freedomfor Two Sicilies – Lettera aperta ai Compatrioti d’oltreoceano
Ho sempre ritenuto che la svolta per la libertà for Two Sicilies sarebbe potuta arrivare dai nostri Compatrioti d’oltreoceano.
L’idea mi balenò dopo avere letto il diario di “la storia segreta dell’IRA”, in cui si racconta di quando Clinton invitò Gerry Adams, presidente del Sinn Féin, braccio politico dell’IRA , negli States.
Quando Clinton lo chiamò in America per incontrare le comunità irlandesi degli USA per spiegare le loro ragioni, Adams era contemporaneamente, addirittura in contatto con Gheddafi, per commettere azioni di guerriglia, grazie alle armi fornite alla sua organizzazione dalla Libia, tuttavia decise di accettare la proposta del presidente.
L’incontro con gli americani di origini irlandesi produsse il cambiamento (anche grazie alla chiesa cattolica irlandese), quella diventò la svolta che permise il superamento della triste fase della guerriglia a favore di quella più consona del dialogo.
Noi duosiciliani siamo fratelli degli irlandesi, come di tutti i popoli che gridano il loro desiderio d’indipendenza e di riconoscimento identitario.
Tuttavia in cosa davvero possiamo identificarci in loro?
Certo noi duosiciliani di guerriglia neanche l’idea, abbiamo smesso di resistere dopo la morte di Michelina de Cesare, da quel momento l’unico destino è stato quello di emigrare.
La nostra triste storia di emigrati ci racconta di quel famoso filo di lana che l’emigrante e i parenti di questo tenevano tra loro, uno dalla nave e gli altri sul terreno, finché il filo non si spezzava, come si spezzava l’anima e il cuore di chi era costretto a dividersi.
Riannodare quel filo, ricongiungere le due parti, è il nostro sogno, che tuttavia sta divenendo finalmente realtà.
Certo è stato e sarà difficile, perché solo da poco quel filo pare si stia riannodando, grazie alla volontà della nostra gente d’oltreoceano che ha voluto ricercare la propria vera storia. Quando ho visto i nostri compatrioti sfilare, durante la manifestazione per San Rocco e le altre feste religiose di Little Italy, con la bandiera gigliata delle Due Sicilie, ho capito che quello era un grande momento di felicità e di consapevolezza dove, finalmente, anche i duosiciliani d’America si mostravano orgogliosi delle loro estrazioni, provenienze, appartenenze.
Anche noi, però, rimasti nella nostra terra, patria nascosta e non dimenticata, negata ma viva nell’anima, anche noi vogliamo riannodare quel filo, in ogni modo, ognuno come può e sa fare; il sottoscritto (ma non sono il solo sia dall’una che dall’altra sponda), anche scrivendo.
L’idea del mio prossimo romanzo appunto è imperniato sulla figura di un giovane avvocato newyorkese, di origini irpine che ritrova in un vecchio baule di famiglia un diario scritto da un suo antenato, arrivato da Avellino a metà dell’800, dove da buon ex soldato borbonico costui annotava tutte le cose che stavano accadendo nelle Due Sicilie.
Questo nostro giovane scopre suo malgrado così quello che è capitato alla sua gente, così come sta accadendo a voi cari fratelli duosiciliani.
Tutto ciò mi conforta perché potreste essere voi i nostri “irlandesi”, quelli che ci faranno virare verso una lotta pacifica ma incisiva, quelli che potranno essere motore della svolta definitiva verso la nostra liberazione.
Torneremo a congiungere il filo quel giorno in cui, tutti insieme, disposto personalmente a incontrarmi con la nostra comunità americana, per raccontare di noi, di quel che eravamo e di ciò che potremo essere, per riapparire uniti sui bastioni di Gaeta, tutti assieme, ricordando il gesto eroico dei nostri soldati, per potere finalmente gridare: Siamo tornati!”