Antonella Ricciardi intervista la giornalista Elisa Giacalone
Nella testimonianza che segue, la giovane giornalista Elisa Giacalone si esprime su alcuni
importanti settori del giornalismo, sul loro presente e sul loro futuro, analizzando con profondità diversi aspetti del giornalismo su carta stampata, telematico, e radiofonico, con particolare riguardo al giornalismo musicale. Inoltre, Elisa Giacalone compie una interessante analisi sul rapporto del giornalismo con l'antica ma anche contemporanea sapienza contenuta nell'arte della letteratura, e con le nuove tecnologie informatiche, che permettono una forma di giornalismo diverso e particolarmente immediato: quello sui giornali elettronici, rispetto ai quali i blog non giornalistici(pagine web con considerazioni personali anche significative, spesso di gente comune) possono affiancarsi, a volte pure in modo fecondo, ma senza far sì che gli uni occupino completamente la funzione degli altri, in quanto le loro esigenze rimangono differenti. Particolarmente significativa, per di più, l'analisi che la Giacalone compie sul caso di Carlo Parlanti, prigioniero negli USA per un'accusa di stupro, riguardo la quale i più forti dubbi sulla correttezza del processo sono stati avanzati da più parti: una vicenda nella quale ad essere violentata è stata senz'altro, comunque, la verità dei fatti.
1) E' recente la grande serata che il C.I.A. (Centro Italiano Attori), ha nuovamente dedicato al caso del nostro connazionale Carlo Parlanti, detenuto da anni negli Stati Uniti, nonostante molti ritengano che esistano prove a favore della sua innocenza. Sia la serata di novembre che quella precedente di ottobre miravano a coinvolgere anche politici e giornalisti: puoi indicare somiglianze e differenze riguardo ai modi in cui si sono svolti questi due appuntamenti riguardanti questa vicenda giudiziaria, dal punto di vista artistico e del successivo dibattito politico-giornalistico?
La prima serata ha avuto un successo di pubblico inaspettato e abbiamo ricevuto un calore e una richiesta tali da occuparci ancora una volta di Carlo Parlanti. L’interesse è stato confermato poi alla serata del 14 novembre. Sul palco abbiamo avuto oltre a Katia Anedda, combattiva compagna di Carlo, anche la madre, Nada Pacini, una donna che si è distinta per coraggio e dignità. La novità più significativa, rispetto alla prima serata, è stata la presenza dell’Avv.Giuseppe Lipera, (il legale di Bruno Contrada per intenderci) che ha preso a cuore il caso, ha deciso di studiarlo e ha organizzato nei giorni seguenti una conferenza stampa a Roma di cui ha scritto l’Ansa e non solo. E’ stato invece costante nelle due serate l’atteggiamento di alcuni politici ai piani alti. Nonostante dei contatti telefonici che lasciavano immaginare un interesse e una partecipazione alle serate, di fatto moltissimi hanno poi disdetto per “sopraggiunti impegni improrogabili”.
2) In quanto esponente del CIA, hai avuto un ruolo particolare negli eventi del 15 ottobre e 14 novembre?
Lavoro al C.I.A come addetto stampa e conoscere la storia di Carlo, esaminarne i documenti, parlare con lui al telefono e con i giornalisti che si sono occupati del caso è stato entusiasmante. Ho aggiunto giorno dopo giorno un tassello a questa storia che presenta ancora oggi, nonostante la sentenza, degli aspetti intricati, per le incongruenze, per la modalità delle indagini, per come è stato svolto il processo, per le dichiarazioni dei testimoni. Ho letto gli atti del processo e gli articoli pubblicati negli ultimi anni e, a volte, mi è sembrato di leggere un poliziesco. Io credo all’innocenza di Carlo Parlanti ma la mia opinione, così come quella di parecchi blogger, dei cittadini italiani è sì importante ma insufficiente a riaprire il fascicolo. Italia, Francia, Germania conoscono ormai il caso, la vicenda ha raggiunto la Cina e il Taiwan. Persino parlamentari europei sono intervenuti attraverso delle interrogazioni. Risultato: nulla. Tutto lo staff del C.I.A ha seguito l’evento con slancio e dedizione e, come spesso avviene in questo settore, quello che era inizialmente un impegno lavorativo, è diventato un dovere umano. Io ho lavorato all’evento come giornalista in primis, come addetto stampa soprattutto e come cittadina italiana che crede nell’innocenza di un suo connazionale.
3) Sei stata e sei impegnata nel giornalismo (su carta stampata, on line e radiofonico) oltre che nell'insegnamento di materie umanistiche: c'è un filo rosso che, nella tua visione del mondo, lega questo tuo duplice impegno?
Sì, ho lavorato quasi sette anni in Sicilia, sia per la carta stampata (La Repubblica e La Sicilia), che per la radio (Rmc101 e Radio Italia Anni Sessanta) e l’insegnamento è arrivato quasi per caso; una domanda come tante, qualche supplenza occasionale per arrotondare e adesso lavoro come insegnante di Lettere in un istituto superiore di Milano, oltre che come addetto stampa e giornalista free lance. Il filo rosso che lega l’insegnamento al giornalismo credo sia la Parola, in tutte le sue sfaccettature. Mi piace raccontare la vita, ascoltare, leggere le opere dei grandi scrittori, occuparmi della Verità. A scuola, ascoltare la voce dei ragazzi, leggere i loro scritti, analizzare con loro la costruzione di un romanzo, confrontarmi con una quotidianità tangibile, a volte cruda, così come del resto è la cronaca, un reportage o un racconto, credo sia il modo migliore per porsi continuamente degli interrogativi e confrontarsi con la realtà e con una lingua che amo, quella italiana.
4) Su Internet ho visto che hai un blog: www.reporteritinerante.ilcannocchiale.it . Quando hai deciso di aprirlo e perché chiamarlo proprio così? Si tratta di una definizione, per certi aspetti, davvero suggestiva…
Il mio blog è nato nel settembre 2006, ormai quasi due anni e mezzo fa. Leggevo i blog dei grandi giornalisti ma anche delle persone comuni. E al banner del Cannocchiale “apri un blog in 5 minuti” non ho resistito. “Reporter itinerante” credo sia l’espressione che più mi si addica. Ho cominciato a scrivere proprio in un mensile siciliano occupandomi di reportage di viaggio. “Iter” è una parola che sentiamo spesso ma forse poche volte riflettiamo sul suo significato. Iter è un cammino, un percorso ed “itinerante” è colui che cammina. Forse banale (tutti del resto compiamo un percorso), ma era il taglio che volevo dare al mio blog: una giornalista in cammino. Avrai notato anche il sottotitolo del blog “se una notte d’inverno una giornalista”, l’idea del blog è nata proprio una notte e ho voluto citare Calvino perché è unico: la sua è una scrittura onesta e cristallina e credo che un giornalista debba innanzitutto essere onesto con se stesso e con i suoi lettori.
5) Credi che i blog possano essere considerati “organi di informazione”? Sono un aiuto al giornalismo, una moda o confondono solo le idee dei lettori?
Non credo che i blog siano dei sostituti degli organi di informazione, credo nella distinzione tra blogger e giornalista senza screditare nessuna delle due figure. Sono due approcci diversi alla rete che talvolta, sottolineo talvolta, possono coesistere. Tuttavia è innegabile l’apporto di alcuni blog agli organi di informazione. Ormai ce ne sono tantissimi, la rete pullula più di blog che di siti, pagine web di altra natura. E’ difficile orientarsi in questo macrosistema, ci sono ottimi blog d’informazione ma è anche vero che il qualunquismo dilaga. Bisogna saper scegliere, districarsi. Avere una così ampia gamma di scelta credo possa solo arricchire le fonti di informazione e le idee dei lettori.
6) Dalla Sicilia alla Lombardia. Hai lavorato molto nella tua terra. Cosa ti ha spinta a trasferirti a Milano?
La Sicilia è una terra speciale. E’ una terra di storia, lavorare “giù” ti tempra. Persino ciò che ti spetta di diritto, ciò che è ordinario diventa atto straordinario, una concessione. E mentre lavoravo pensavo di restare, di costruire qualcosa. Ma la vita è breve e amare la propria terra fino al punto di farsi inghiottire è stato un rischio a cui non ho voluto sottopormi. Milano è sempre stata la “città dei balocchi” e ricominciare da capo non mi ha mai spaventata. Vorrei lavorare come giornalista a tempo pieno ma al momento va bene così. Ho imparato a incassare ma mai ad arrendermi. E poi amo i miei ragazzi, sono linfa per la mia scrittura.
7) Se pensi alla Sicilia e al giornalismo chi ti viene in mente? Hai dei punti di riferimento?
Penso ai quotidiani principali, La Sicilia, La Repubblica e Il Giornale di Sicilia. Qualcuno schiaccia l’altro per il numero di copie vendute ma la qualità e la professionalità di alcune penne si distinguono a prescindere dagli incassi della testata. Se penso al giornalismo in Sicilia non possono che venirmi in mente personalità come Giuseppe Fava, Mauro Rostagno, Mario Francese, giornalisti che hanno perso la vita per degli ideali e perché hanno scritto ciò che ritenevano necessario. E chissà quanti altri ne dimentico. E poi penso ai miei amici e ai colleghi che lavorano quotidianamente, che amano il proprio mestiere a dispetto dei compensi, dei contratti giornalistici che non hanno.
8) La radio… E’ ancora uno dei tuoi obiettivi o è stata solo una parentesi?
La radio è stata una piacevolissima sorpresa. Ho sempre pensato a scrivere, mai alla televisione o alla radio. Invece mi ha dato moltissimo: l’immediatezza, il calore delle interviste in diretta, il riscontro della gente. A Rmc101 conducevo un programma di intrattenimento e informazione, mi occupavo di fenomeni di costume e non solo. A Radio Italia Anni Sessanta conducevo invece il notiziario. Dieci edizioni giornaliere. Radio Italia mi ha insegnato la velocità. Al momento è una parentesi chiusa, ma fare radio qui a Milano non mi dispiacerebbe, chissà che la parentesi non si riapra.
9) A proposito ancora di radio e musica, che tipo di musica ascolti in questo periodo, quele ritieni che sia quella più meritevole di passaggi in radio?
Adoro la musica italiana, non disdegno quella straniera. Mi piacciono i testi di Fossati, De Gregori, Vecchioni, Gaetano, De André, Nannini, Pino Daniele e sono affezionatissima a grandi interpreti come Mina, Vanoni, Mannoia. Cantanti stranieri che ascolto con piacere sono Tracy Chapman, Cindy Lauper, Bublè. Ultimamente mi sto appassionando al jazz e in particolare a un duo, Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, un cocktail mozzafiato.
Antonella Ricciardi (intervista del 14 dicembre 2008)