La rivoluzione elettrica ed il Greenwashing: tra speculazione e realtà

La questione ambientale, che viviamo giornalmente grazie agli evidenti segni del cambiamento climatico, sta assumendo sempre più peso nella nostra vita, soprattutto ragionando in termini di energia e mobilità urbana. Non a caso il petrolio, legato proprio alla produzione di energia, tessuti, plastiche e ai trasporti in generale, dalle navi, agli aerei, fino alle tanto inquinanti automobili, è argomento scientifico-ambientalista che da molti decenni spinge la ricerca a trovare nuove soluzioni più pulite e, soprattutto, prive dei tanto pericolosi “scarti di lavorazione”. Nonostante i numerosi sforzi, però, la scienza non ha ancora individuato un modo coerente, sostenibile ed economico per produrre e distribuire energia senza avere un qualche effetto collaterale. Sicuramente l’efficientamento dei vari sistemi ha consentito una riduzione delle emissioni, del consumo di risorse e dell’inquinamento di mare e terra, ma i danni cagionati fin qui al pianeta sono evidenti, tragici e sempre meno gestibili, soprattutto considerando che la riduzione delle emissioni dei mezzi di trasporto, porzione molto onerosa del complessivo inquinamento umano, è ancora troppo bassa. Una delle soluzioni individuate da tempo, con altalenanti fasi di rinascita e oblio, è quella dell’auto elettrica, un mezzo che sulla carta pare essere la panacea di tutti i mali, una soluzione quasi mitologica che ancora non ci è concessa del tutto su questa Terra. Con le stesse modalità altalenanti, negli ultimi anni fioriscono o scompaiono report e articoli scientifici sulla reputazione di questo futuristico mezzo tecnologico che, si dice, salverà le nostre città dalle polveri sottili e dai tanto malfamati gas di scarico. Beh, tutti saremmo davvero felici di guidare un mezzo del genere e qualcuno, che ha già voluto avventurarsi in questo settore della mobilità, ha potuto effettivamente provare alcuni dei vantaggi della mobilità elettrica, ma purtroppo non è tutt’oro quello che luccica e la realtà dei fatti pare sostanzialmente non rosea come la stanno presentando i vari produttori mondiali. Prima di proseguire nel ragionamento, tra l’altro, è doveroso fare un’ulteriore utile premessa. Non conoscendo bene l’odioso fenomeno del Greenwashing, ovvero di quella pratica mediatica che presenta i prodotti come “ecologici”, “verdi” e “sani” nonostante siano tutt’altro che rispondenti alla sostenibilità ambientale, molti utenti continuano ad essere convinti della valenza dei vari “marchi verdi” di cui si fregiano svariati brand commerciali. Questo fenomeno sostanzialmente speculativo, che oggi chiamiamo fake news, ci ha presentato per anni dei prodotti che, nella convinzione di contribuire a migliorare la preoccupante situazione ambientale locale, abbiamo acquistato grazie ad un’idea di salubrità e di partecipazione alla tutela dell’ambiente che ha spinto verso consumi più consapevoli ma anche molto meno convenienti. In effetti, ecco perché oggi possiamo definirlo come un sistema di fake news, i consumatori, noi tutti, abbiamo accettato di pagare di più per acquistare alcuni prodotti che credevamo facessero meno danno all’ambiente e alla nostra salute non sapendo, però, che facevano solo bene al portafoglio dei produttori! Ecco, fatta questa ulteriore premessa possiamo tornare a parlare del fenomeno auto elettrica, un concetto che inizia a suscitare qualche perplessità tra i ricercatori tranne che, guarda caso, nei produttori che hanno già iniziato ad organizzare i propri impianti su questa nuova frontiera produttiva e commerciale. La questione, che non è tanto tesa ai ragionamenti sulla bassa percorrenza o sulla scarsissima presenza di colonnine per la ricarica, si condensa sullo smaltimento delle potenti, ingombranti e sicuramente non salubri batterie di potenza che alimentano i motori di queste silenziose vetture. Negli ultimi mesi, soprattutto a partire da fine 2018, diversi studi hanno iniziato a fare il punto della situazione e ad ammettere, anche abbastanza chiaramente, che probabilmente l’auto elettrica non è proprio la miglior soluzione ecologica per il pianeta se, ad esempio, il nostro CNR ha evidenziato che «…nel ciclo vita di una vettura elettrica, dall’assemblaggio iniziale al suo smaltimento, l’auto elettrica pare inquinare più di un moderno diesel euro 6…». A confermare questa non rassicurante ipotesi è anche il Journal of Industrial Ecology, importante bimestrale scientifico internazionale, che non si discosta molto da questa analisi del CNR che arriva, piuttosto crudelmente rispetto alle nostre speranze, ad affermare: «…i veicoli elettrici non sono in grado, allo stato attuale, di essere vincenti per aspetti quali l’eutrofizzazione delle acque dolci o la tossicità umana, per i quali gli impatti legati alla produzione e dismissione della batteria del veicolo giocano un ruolo determinante…». Senza scomodare altri ricercatori, altre pubblicazioni o altri amministratori politici, credo che per logica tutti i cittadini riescano ad immaginare un futuro non proprio ecologicamente “roseo” (scusate la mescolanza di colori!) quando viene in mente il problema dello smaltimento della batterie che, lo ricordo, sono composte da materiali tossici e quindi assolutamente lontane dal tanto conclamato marchio “verde”, quello ecologicamente decantato dall’odioso fenomeno di marketing del Greenwashing! Insomma, per non tediarvi troppo e magari farvi correre ad approfondire l’argomento, vorrei solo ricordare ai carissimi lettori che gli spot pubblicitari, quelli delle imprese, nonché quelli governativi, sostanziati nelle politiche ambientali nazionali, non possono essere presi per oro colato e, forse, dobbiamo iniziare a considerare che le fake news, qualche volta, posso giungere davvero da dove non te lo aspetti. Forse l’auto elettrica non è tanto verde quanto l’hanno dipinta fino ad oggi. Nella speranza di sbagliarci, per il bene del nostro pianeta, vi saluto con il classico «Meditate gente, meditate!».

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