Giustizia: Anm 6.600.000 processi pendenti

La Giustizia italiana è a rischio bancarotta a causa di 6 milioni e 600mila processi pendenti tra civile e penale e con risorse sempre più esigue, senza contare mezzi antidiluviani. A questo rischio non sfugge, e non potrebbe essere altrimenti, neanche il Tribunale di Santa Maria, sempre a corto di magistrati e dipendenti. "Siamo in una situazione di insolvenza, è prossimo il pericolo del fallimento, per questo è urgente intervenire", avverte il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Luca Palamara. Un allarme condiviso dai rappresentanti delle altre magistrature del personale amministrativo e dell'avvocatura e che ieri è stata al centro della Giornata Nazionale per la Giustizia; un appuntamento che per la prima volta ha messo a confronto tutti i protagonisti del settore. Quanto la situazione sia difficile lo dicono i numeri, snocciolati in una conferenza stampa: le pendenze civili al 2007 ammontano a 5 milioni e 400 mila; quelle penali a un milione 500mila: per eliminarle occorrerebbero rispettivamente 16 mesi e 13 mesi di lavoro esclusivo (senza cioè che i magistrati si occupino dei nuovi procedimenti) e con un tasso di produttività altissimo. Una condizione ovviamente irrealizzabile sia perché la produttività attuale "é ai limiti dell'intollerabilità" sia per il numero elevatissimo dei nuovi procedimenti (4,5 mln nel civile) e (1,6 nel penale) ogni anno si aggiungono alla montagna dell'arretrato. Di qui la richiesta di interventi "strutturali": più risorse finanziarie e umane e un "serio" progetto di riforma di cui Santa Maria si è fatta portavoce in più di una occasione. Magistrati, avvocati e personale amministrativo non ci stanno ad essere additati come i responsabili del malfunzionamento della giustizia. Per questo ieri, cifre alla mano, hanno messo "in mora" la politica, a cominciare dal ministro della Giustizia che – ha fatto notare il vice presidente dell'Anm Giacchino Natoli – "ignora dati elementari in possesso dei suoi stessi uffici, visto che parla di 9 milioni di processi pendenti". Ma la polemica non è solo con l'attuale governo, visto che tutti quelli che si sono succeduti negli ultimi 10 anni – hanno accusato alcuni sindacati del personale giudiziario – hanno tagliato le risorse. Al "forte incremento" della domanda di giustizia da parte dei cittadini, segnalato soprattutto dall'aumento delle pendenze del civile (cresciute del 400% in 30 anni e poi ancora del 129% dal 1990 al 2007), ha corrisposto infatti la contrazione del personale giudiziario, passato da 53.000 unità del 1998 ai 43.982 del 2008 e dei dirigenti (dai 432 del 2001 a 347 del 2008). Parallelo il taglio dell'investimenti:  dai 7.665.369.477 di euro del 2005 si è passato ai 7.560.741.030 del 2009 e, secondo i sindacati, nel 2015 è previsto un ulteriore taglio di 442 milioni di euro. E non è tutto: non solo quella della Giustizia è l'unico personale della pubblica amministrazione che non è stato riqualificato, ma non dispone nemmeno dei mezzi basilari, visto che deve lavorare con computer di prima generazione e che nemmeno la metà di loro ha un indirizzo di posta elettronica. Insomma, tutto resterà come prima e come diceva mio nonno: “la migliore causa è quella che non si presenta”. Ah, la saggezza dei nostri padri.

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