Il ragazzo con la pagella in tasca

In un mondo, come quello che oggi stiamo vivendo in questo periodo storico, si parla sempre più di Globalizzazione, progresso tecnologico ed economico, ma sempre meno di umanità e aiuto verso il prossimo. Si assiste ad una disaffezione naturale nei confronti delle persone in difficoltà. Sembra che l’uomo sia diventato indifferente a ciò che accade intorno a lui e soprattutto da chi è diverso. Le politiche attuali presenti nel mondo, purtroppo anche del nostro Paese, sono caratterizzate da questi sentimenti. “Sono venuti nel nostro Paese per rubarci lavoro e case”. Questa è soltanto una delle tantissime affermazioni di malcontento verso coloro che cercano di costruire una nuova vita nel nostro Paese. Ci siamo mai chiesti perché queste persone fuggono via dalle loro Nazioni d’origine? Ci siamo mai messi nei loro panni? Abbiamo mai provato, così tanta sofferenza da dover abbandonare la nostra cultura e i nostri affetti? Ormai è divenuta una consuetudine ascoltare attraverso i vari mezzi di comunicazione del blocco dei migranti o dello sbarco di questi in condizioni pessime. A questo punto vale la pena raccontare la storia di uno di loro, dal momento che non ha più la voce per farlo. Questa persona non ha più un nome e un’identità, ma ha una cosa che non tutti hanno: possiede una storia che può smuovere le nostre coscienze affinché possiamo evitare di pronunciare frasi come quelle che abbiamo riportato in questo articolo. Il protagonista di questa vicenda aveva 14 anni, un adolescente, che per mancanza di ulteriori informazioni e dati chiameremo “Il Ragazzo con la Pagella”. L’eredità che questo ragazzino ci ha lasciato è una scheda che riportava voti nelle lingue di Arabo e Francese, custodita accuratamente nella tasca della sua giacca. Forse era convinto che sarebbe stata un’ottima lettera di presentazione per coloro che lo avrebbero potuto discriminare e forse era consapevole di quello che avrebbe trovato nel paese che lo avrebbe ospitato. Non sappiamo i veri motivi che hanno spinto questo adolescente, senza nome e senza identità, ad intraprendere questo viaggio che lo avrebbe condotto alla sua morte. Una cosa è certa: è partito con il sogno di migliorare la propria vita in un nuovo Paese. La speranza di questo giovane è ed è stata quella di molti altri. Se ci trovassimo noi in questa situazione? Per questo occorre sviluppare una qualità, che oggi è una rarità: l’Empatia. Questa consiste nel provare gli stessi sentimenti, cercando di mettersi nei panni altrui. Non soffermiamoci solo su noi stessi, ma proviamo ad andare oltre dato che tutti noi abbiamo avuto un parente o un amico costretto a lasciare la propria città per costruire il proprio futuro. C’è da dire che l’immigrazione ha molti lati positivi, ma può portarne anche di negativi. Per far fronte a questi non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, proprio perché ognuno di noi è diverso. Non possiamo pagare le colpe di altri connazionali per crimini che non abbiamo commesso. L’arrivo del nuovo e del diverso arricchisce una comunità e certamente non la distrugge o la impoverisce. Quando esiste uno scambio c’è sempre da guadagnare in termini di umanità. La storia ci insegna che anche i nostri antenati sono partiti per Paesi lontani per darsi una nuova chance e per andare alla ricerca di nuove opportunità. Perché non dare anche ad altri la stessa possibilità? Sentiamo molto spesso dire: “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te” proprio per questo dobbiamo essere pronti ad accogliere il nuovo e lo straniero dato che siamo stati e saremo per sempre dei migranti nel mondo.

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