Il giudice Cantone presenta il suo ultimo libro

TEANO – Questa sera, con inizio alle ore 18,30, nella sala dell’ex Chiesa dell’Annunziata, il giudice Raffaele Cantone presenterà al pubblico il suo ultimo lavoro dal titolo “Solo per Giustizia”. La serata è stata organizzata dall’Amministrazione comunale di Teano, guidata dal Sindaco Raffaele Picierno, nonché dall’assessore Rosaria Pentella, con la partecipazione dei giovani del Laboratorio teatrale dell’Associazione Culturale “Il Caleidoscopio”. Ad accogliere il magistrato, nelle vesti di padrone di casa, sarà il Sindaco Raffaele Picierno, Pina Picierno, deputato del PD, Lorenzo Diana ex componente della commissione parlamentare antimafia, ed il Giudice e docente universitario Silvio Marco Guarriello che fungerà da moderatore. L’appuntamento sarà un’importante occasione per conoscere da vicino Cantone, un magistrato che da anni lotta contro la camorra. Raffaele Cantone nasce 45 anni fa a Napoli, per l’esattezza a Giugliano, un paese in cui per lungo tempo i morti ammazzati dalla camorra sono stati un fatto quotidiano. Essere un uomo di giustizia, in una terra in cui la legge non ha nulla a che vedere con le norme contenute nei codici, significa avere un briciolo d’incoscienza e una sorta di distacco dal mondo che avvicina l’uomo all’alieno. Un alieno che quasi per sbaglio lascia la carriera di avvocato, intrapresa per circa due anni, per entrare nella magistratura, ritrovandosi senza rendersene conto con indosso la toga del Pubblico Ministero. Eroi dei nostri giorni, i magistrati come lui, impegnati a lungo nella lotta contro la criminalità organizzata, sono prima di tutto uomini, che spesso si rendono conto di mettere a rischio la propria vita e quella dei propri familiari quando ormai è troppo tardi per un ripensamento. Raffaele Cantone racconta in queste pagine intense e commoventi gli anni passati alla procura distrettuale antimafia di Napoli. La lotta contro il clan di Mondragone prima e di Casal di Principe poi, gli uomini di legge con cui ha collaborato e quelli di malavita che è riuscito ad inchiodare. Poi i primi pentiti, con tutta la paura che si portano dietro, i rischi di ritorsione e la necessità di mantenere viva la propria autorevolezza e la propria dignità. Quindi la vita sotto scorta, dieci anni passati in costante e continua libertà vigilata, per finire alle accuse infamanti arrivate alla procura, quello che lui definisce lo “Scilla e Cariddi” attraverso cui ogni magistrato prima o poi deve passare. La calunnia che fa tremare i polsi più della minaccia di morte, perché un uomo di giustizia che perde la sua autorevolezza non è più credibile, non può contare su nessuno, è solo.

 

 
 

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