Nostalgia di casa mia.

Avete provato cosa significa emigrare? Fatelo, e solo allora capirete come è triste la vita dell’emigrante; la vita di chi vive lontano dal proprio paese e dalla patria che lasciò con un groppo alla gola, salutando gli amici più cari e abbracciando con lo sguardo i luoghi che lo videro fanciullo e poi uomo costretto a recarsi altrove in cerca di un vivere sicuro e dignitoso. Spesso, in quella terra straniera, una ondata di ricordi vi torturerà l'animo e fingerete di essere sordi quando il vento, la domenica, porterà i suoni delle campane della vicina chiesa; suoni che ricorderanno quelli del vostro paese lontano. Ritorneranno alla mente le serenate al chiaro di luna, le voci degli amici e le prime avventure amorose della vostra gioventù. Non riuscirete ad infischiarvene di tutti questi ricordi e deciderete di non affondare le vostre radici tra gente che vi considera uno straniero! Uno strano malessere vi soffocherà l'animo svegliando in voi il desiderio del ritorno, un desiderio più forte della vostra stessa vita che vi spingerà a ritornare, anche per un'ora, in quel paese da dove vi staccaste con gli occhi colmi di lacrime, la rabbia in corpo, il cuore affranto, la mente colma di tante fantasie e tanti desideri di nuove avventure. In quel malessere, in quel tormentoso desiderio di ritornare lotterete per non cedere, ma i cari ricordi lontani diventeranno aggressivi: rivedrete la casa nativa, la scuola, la chiesa adornata con i paramenti festivi, la piazza ove vi intrattenevate con gli amici più cari durante le sere d'estate, tutte piccole cose sufficienti per riempire di nostalgia un angolo del vostro cuore, ma troppe per farlo cedere alle lacrime. Cercherete di resistere e, per distrarvi, andrete a passeggio lungo strade sconosciute tra gente insensibile al vostro «strano male». Per dimenticare berrete in un affumicato bar di periferia qualche bicchiere di «strane misture»; a casa aprirete un libro, ma anche lui vi tradirà:tra le sue pagine troverete, invecchiata dal tempo, una foglia su cui è scritto un nome e una data. Allora vi accorgerete di aver ceduto e scoppierete in lacrime, lacrime amare come quel pane che avete guadagnato tra mortificazioni, umiliazioni ed improperi. Sentirete che questo «strano male» col tempo vi distruggerà, ed una improvvisa decisione vi spingerà sulla strada del ritorno. Farete le valigie e, distanza, tempo, pericoli, nulla vi fermerà!. Il vostro paese sarà per voi il più bel paese del mondo e, il giorno del ritorno lo troverete rinnovato, un po' ringiovanito dalle nuove mode. Rivedrete le vecchie strade ora tutte asfaltate ed illuminate dalle insegne di nuove botteghe; rivedrete gli amici un pò invecchiati, stanchi, delusi e annoiati dalla monotonia della vita che conducono. Altri amici avranno lasciato questa agitata vita terrena e, con l'animo afflitto e il cuore addolorato, li rivedrete nei loculi del cimitero ripulito e messo a nuovo. Passeggiando lungo una delle strade che porta in periferia rivedrete la palma che, alta e snella, svetta ancora verso il cielo e ricorderete quando, sul far della sera, mentre gli uccelli cantavano tra quei rami, gli innamorati si incontravano per scambiarsi una furtiva promessa d'amore. Passeggiando per le strade che vi videro fanciullo passerete accanto alla casa ove viveste con i vostri cari. Chi potrebbe riconoscerla? Tutta mutata, con dentro gente estranea così diversa da quel bimbo che si incantava alle cose semplici: guardare le rondini fare il nido e poi volare via, ascoltare nelle sere d'estate le serenate ed i canti dedicati ad una innamorata, ad una novella sposa o a chi festeggiava l'onomastico. Ma una amara riflessione vi riporterà dai lontani ricordi di gioventù alla realtà presente: non s'ode più il canto degli uccelli, le serenate ormai sono un dolce ricordo di tempi lontani e quel fanciullo che aveva tante fantasie per la testa adesso è un uomo con i suoi problemi da risolvere e con bocche da sfamare. La delusione vi attanaglia il cuore: vorreste fuggire, ritornare tra gli stranieri tra coloro cioè che, pur mortificandovi, vi hanno dato «pane» ed un vivere onesto; ma ormai è impossibile iniziare una nuova «avventura», gli anni e gli acciacchi non lo permetteranno e quel «BIMBO» continuerà a sognare tendendo le mani al prossimo che, purtroppo, fugge via come le rondini della sua lontana primavera. Tutto ciò farà ridere, forse, coloro i quali non credono a certi sentimenti poiché hanno perduto la coscienza della loro esistenza indurendo il cuore e chiudendo la loro mente a qualsiasi riflessione. A costoro dico: «Basta provare per credere!». Spaesatevi, uscite fuori dal vostro guscio per vivere tra gente di tutte le razze, di tutte le fedi, di tutti i colori e poi ditemi se un giorno non vi prenderà quello strano male che tutti chiamano nostalgia di casa mia.

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