Arrivederci prufessò: De Crescenzo e la sua galante filosofia ci hanno salutato
Una settimana stregata, maledetta direi. Dopo il grande Camilleri, brillante e incredibile mente siciliana, ieri ci ha lasciato “il professore”, “il filosofo gentile”, “il Bellavista”. Luciano De Crescenzo, che da normale ingegnere della IBM si tuffò nella filosofia, nella letteratura e nella divulgazione culturale per contribuire con amore alla civilizzazione del nostro Paese e, soprattutto, alla diffusione di quei buoni sentimenti che solo “i vinti” possono sviluppare, ha deciso di andarsene e lasciarci tutti un po’ più soli. Non se ne va un semplice personaggio del panorama cinematografico e culturale italiano ma, piuttosto, uno di quei grandiosi riferimenti con cui le giovani generazioni degli anni ’70, ’80 e ’90 hanno avuto la fortuna di confrontarsi. La straordinarietà di De Crescenzo, accompagnato da altri grandi artisti, filosofi, scrittori, scienziati e sportivi che in quegli anni hanno rappresentato un faro per le maltrattate generazioni del sud, è tutta racchiusa in quella sua semplice voglia di filosofia, di ragionamento, di amore. Una storia fatta di gentilezza, di discorsi chiari, illuminanti, di critica feroce e intelligente ai difetti di un città che oscilla perennemente tra inferno e paradiso, un racconto perenne di ciò che potremmo essere noi italiani, noi campani, noi umani. È stato per me, insieme al Principe De Curtis, al “Presidente” Sandro Pertini, come pure a Bud Spencer, Lino Banfi, Margherita Hach, Antonino Zichichi, Piero Angela, Pino Daniele, Enzo Tortora e tanti altri, quell’humus, quella luce, che ha permesso di sopportare con “filosofia” le angherie della vita e renderle, ironicamente alla napoletana, benzina per continuare a combattere e non fermarsi mai. Si, perché come amava affermare De Crescenzo «…a volte credo che Napoli sia davvero l’ultima speranza del mondo…», un modo per dire che quelli “fuori standard” forse sono davvero l’unica goccia di umanità che regge il peso di una follia uniformante. Sì, l’ultima speranza per un mondo dove chi è gentile deve essere per forza un fesso, chi è creativo probabilmente è incapace di produrre valore per la comunità e chi cerca di rispettare le regole civili “non sa campare”. Luciano, nel ringraziare te e gli altri che ci hanno mostrato la via per “…essere la misura di tutte le cose, quelle che sono in quanto sono e quelle che non sono in quanto non sono…”, per una volta oso perfino criticarti. Questo scherzo non dovevi farcelo! Riposa in pace prufessò e salutami quell’altro genio di Pazzaglia mi raccomando! A proposito, controlla se ha ancora il cavalluccio rosso in mano!