1917, l’eredità del tenente Ferrero non può e non deve avere limiti di spazio e di tempo

Sul monte Ortigara, Trentino meridionale – Alto vicentino, fu combattuta, dal 10 giugno al 29 giugno 1917, durante la prima guerra mondiale, una cruenta battaglia tra la 6^ Armata dell’esercito italiano e l’11^ Armata dell’esercito austro-ungarico. L’Armata italiana si posizionò con 300.000 uomini e 1641 pezzi d’artiglieria e lasciò sul campo 25.191 soldati mentre quella austriaca si posizionò con 100.000 uomini, 400 pezzi d’artiglieria e perse 8.828 soldati. L’esito della battaglia per le forze italiane fu disastroso causa la fallimentare strategia tattica posta in essere.
Le vicende belliche dell’Ortigara rappresentano per la storia una pagina di eroismo, un inferno dove i soldati e in “primis” gli alpini hanno sacrificato, versando il loro sangue, la loro giovane vita. Padre Bevilacqua, sottotenente del Battaglione “Stelvio”, scrisse “L’Ortigara non è una sconfitta (…) non vi è sconfitta se non quando qualche cosa di umano è stato smarrito, impoverito, soppresso. Ortigara, cattedrale di alpini, monumento del sacrificio umano, monte della nostra trasfigurazione”. In tale contesto, meritevole di socializzazione, è la straziante lettera del tenente degli alpini Adolfo Ferrero con la quale si congeda dai genitori, dal fratello Beppe e dalla sorella Nina e l’affida al suo attendente unitamente al portafoglio contenente cento lire, che per la sua famiglia non era somma di poco conto. Il giorno dopo il tenente Ferrero cade sull’Ortigara e il giorno successivo cade anche il suo attendente e la neve copiosa, che si trasforma poi in ghiaccio, copre il suo corpo che solo nel 1958 verrà ritrovato. Gli abitanti di Asiago si attivano per rintracciare la più giovane dei destinatari, la sorella Nina, ma le ricerche risultano infruttuose e prima di rinunciarvi definitivamente telefonano ad una famiglia Ferrero di Torino, che risponde di non essere la famiglia ricercata ma che avrebbero chiesto alla persona delle pulizie che porta anche lei il cognome Ferrero. Questa era proprio la sorella di Adolfo, Nina, che poté leggere la sua lettera-testamento ed ora è sepolta al suo fianco nel cimitero di Asiago. Si riporta qualche stralcio “Cari genitori, avrei rimorso se non dedicassi a voi questi istanti di libertà, per darvi un ultimo saluto. Voi sapete che odio la retorica … No, no, non è retorica quella che sto facendo. Sento in me la vita che reclama la sua parte di sole; sento le mie ore contate, presagisco una morte gloriosa, ma orrenda. Penso in queste ultime ore di calma apparente, a te, Papà, a te, Mamma, che occupate il primo posto nel mio cuore; a te, Beppe, fanciullo innocente; a te, Nina. Io non ho paura! Mi sento commosso, pensando a Voi, a quanto lascio, ma so che devo mostrarmi forte dinanzi ai miei soldati, calmo e sorridente. Quando riceverete questo scritto, fattovi recapitare da un’anima buona, non piangete. Siate forti come avrò saputo esserlo io. Un figlio morto in guerra non è mai morto. O genitori, parlate, parlate, fra qualche anno, quando saranno in grado di capirvi, ai miei fratellini, di me, morto a vent’anni per la Patria. Parlate loro di me; sforzatevi di risvegliare in loro il ricordo di me … Che è doloroso il pensiero di venire dimenticato da essi. Fra dieci, vent’anni, forse non sapranno più di avermi avuto fratello … A voi, Babbo e Mamma, un bacio, un bacio solo che dica tutto il mio affetto. A Beppe, a Nina un altro e un monito: ricordatevi di vostro fratello. Siate buoni. Il mio spirito sarà con voi sempre. A voi lascio ogni mia sostanza. E’ poca cosa. A Mamma, a Papà lascio il mio affetto immenso. Alla zia Eugenia, il crocefisso d’argento; al mio zio Giulio, la mia madonnina d’oro. La mia divisa a Beppe, come le armi e le robe mie. Il portafoglio (lire 100) lo lascio all’attendente. Un bacio ardente d’affetto dal vostro affezionatissimo Adolfo”. In questi giorni ricorre il 103° anniversario di tale tragico e luminoso evento e le ideologie che si “manifestano” e i discorsi che si “ascoltano” sui media quotidianamente costituiscono un’offesa e una ferita all’eroismo del tenente Ferrero e ai tanti altri eroi noti e a tutti quelli rimasti anonimi.

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