Insalata in busta ritirata in Italia: rischi per la salute
L’insalata in busta è una scelta obbligata in molti casi, dal momento che per mancanza di tempo si finisce spesso per preferire questa tipologia alla proposta fresca da pulire. I rischi per la salute sono però elevati con questo tipo di alimento, è infatti sufficiente interrompere la catena del freddo per mangiare un prodotto non salutare e anzi dannoso per il nostro intestino. Non sembra però questo il motivo che ha spinto l’Italia a ritirare dal commercio una marca d’insalata in busta biologica, ma un problema ben più grave. In alcune confezioni di questo prodotto è stato trovato il microorganismo del norovirus che rappresenta uno tra gli agenti più diffusi di gastroenteriti acute di origine non batterica, costituendo così un serio problema nel campo della sicurezza alimentare. A dare l’allarme non è però il Ministero della Salute italiano, bensì il Rapid Alert System for Food and Feed che ha messo in guardia gli italiani dal consumare questo tipo di alimento. Il prodotto in questione è l’insalata preconfezionata. L’insalata sembra che sia stata contaminata dal ceppo comunemente noto anche come virus di Norwalk, dal nome della città dell’Ohio centro di un’epidemia di gastroenterite nel 1968, una tipologia pericolosa per il genere umano. Attualmente non è stata rivelata la marca o i lotti che verranno ritirati dal mercato, ma è stato lanciato l’allarme. Il prodotto è coltivato e confezionato in Italia, dove viene distribuito, ma risulta anche esportato in grosse quantità in Spagna e per questo entrambi i Paesi sono stati allertati. La nota completa redatta dalla RASFF la si può leggere sulla nota 2020.2916 del 16 luglio 2020. Non sapendo con precisione quale sia la marca e i lotti da ritirare molte persone hanno paura ad acquistare insalata in busta, dal momento che potrebbero entrare in contatto con il virus. Prima di tutto diciamo che quando si sente parlare genericamente di norovirus si fa riferimento al virus le cui infezioni si manifestano soprattutto in contesti comunitari, negli ospedali, nelle case di riposo, nelle scuole o, tipicamente, in ambienti confinati, come per esempio le navi da commercio e da crociera. Non coltivabili, i norovirus hanno posto qualche problema diagnostico in passato. Fino a qualche anno fa, infatti, era possibile identificarli solo con l’osservazione al microscopio elettronico, date le minuscole dimensioni, o misurando la presenza di anticorpi nel sangue. Da una decina d’anni sono stati sviluppati test diagnostici rapidi con l’uso di marcatori molecolari o mediante test commerciali Elisa (acronimo dall’inglese Enzyme-Linked Immuno. Assay) per la ricerca del virus da campioni biologici. A oggi, sono noti tre genogruppi di norovirus: GI, GII e GIV in grado di infettare l’uomo, sottodivisi in più di 30 genotipi. Il periodo di incubazione del virus è di 12-48 ore, mentre l’infezione dura dalle 12 alle 60 ore. I sintomi sono quelli comuni alle gastroenteriti, e cioè nausea, vomito, soprattutto nei bambini, diarrea acquosa, crampi addominali. In qualche caso si manifesta anche una leggera febbre. La malattia non ha solitamente conseguenze serie, e la maggior parte delle persone guarisce in 1-2 giorni senza complicazioni. Normalmente, l’unica misura è quella di assumere molti liquidi per compensare la disidratazione conseguente a vomito e diarrea. In particolare, la disidratazione può rappresentare una complicazione più seria per i bambini, gli anziani e i soggetti con precario equilibrio metabolico o cardiocircolatorio, e può quindi richiedere una certa attenzione medica. Non esiste un trattamento specifico contro il norovirus, né un vaccino preventivo. I meccanismi di immunizzazione contro il norovirus sono poco conosciuti, e secondo i Cdc l’immunità dura solo alcuni mesi: lo stesso individuo quindi può essere infettato dal virus più volte nel corso della vita. Il virus, è altamente infettivo e bastano 10 particelle virali per dare vita a un’infezione. Data la loro persistenza nell’ambiente, che ne permette la replicazione e diffusione anche per due settimane dopo l’infezione iniziale, i norovirus sono difficili da controllare ed è quindi necessario applicare rigorose misure sanitarie per prevenirli e contenerli. La trasmissione avviene direttamente da persona a persona, per via orofecale o via aerosol, oppure tramite acqua o cibo infetti, ma anche per contatto con superfici contaminate. Nella maggior parte dei casi documentati la trasmissione è avvenuta mediante il consumo di acqua o alimenti contaminati. L’alimento potrebbe essere contaminato alla fonte, da acque infette, sia nel caso di frutti di mare (in particolare ostriche) sia di verdure fresche o di frutti di bosco. In molti casi, la contaminazione è stata attribuita alle cisterne di raccolta dell’acqua o a piscine e fontane. Sono state inoltre descritte diverse epidemie legate al consumo di alimenti contaminati da parte di un alimentarista, produttore o distributore, subito prima del consumo. Le epidemie sono spesso associate al consumo di frutti di mare crudi, insalate, frutti di bosco, acqua contaminata, cibi freddi, germogli, erbe e spezie. L’unica forma di controllo efficace del norovirus è l’attuazione di rigorose misure igieniche nella manipolazione e distribuzione di cibi e bevande. I norovirus sono piuttosto resistenti nell’ambiente, sopravvivono a temperature sopra i 60°C e anche in presenza di cloro, normalmente utilizzato per disinfettare le acque potabili. Inoltre, rimangono nelle feci delle persone infette per almeno 72 ore dopo la guarigione. È quindi evidente che solo misure molto stringenti, a partire da un’accurata igiene personale degli addetti alla manipolazione e distribuzione dei cibi, possono prevenirne la diffusione. Vale in questo caso la serie di norme e consigli tipici della prevenzione di qualsiasi tossinfezione alimentare:
lavarsi le mani molto bene prima di toccare i cibi
non lavorare e soprattutto non stare a contatto con il cibo quando si è indisposti, soprattutto se si è affetti da gastroenterite, e fino a tre giorni dopo la guarigione
lavare e disinfettare accuratamente tutti i materiali e le superfici (dalle tovaglie e tovaglioli ai grembiuli e teli da lavoro, fino agli utensili) che possano essere venuti a contatto con una persona infetta e/o con il virus
utilizzare solo cibi di provenienza certificata, soprattutto nel caso di alimenti che vengono cotti poco, come i frutti di mare o le verdure fresche
eliminare tutte le scorte alimentari che potrebbero essere state contaminate da un addetto infetto e/o da altre fonti di norovirus
tenere separati i soggetti che portano pannolini e pannoloni, soprattutto in asili e case di riposo, dalle aree dove viene preparato e distribuito il cibo.
Ribadiamo che per il momento il Ministero della Salute italiano non ha ancora reso noto nessun tipo di dettaglio e si è in attesa di maggiori informazioni per cercare di capire qual è la marca ritirata dal mercato e soprattutto quali siano i lotti infettati dal virus.