Civitella del Tronto : Don Sisto di Borbone con Miguel Ayuso e Fiore Marro

Fiore Marro, presidente nazionale dell'associazione culturale denominato “Comitato delle Due Sicilie” ha preso parte, lo scorso week end, al 149^ anniversario dell'assedio della fortezza di Civitella del Tronto, ultima bandiera borbonica ammainata dopo l'impari lotta con i piemontesi. Oltre alla presenza di Marro, erano presenti: Maurizio Di Giovine, Giovanni Salemi, Eduardo Vitale, Giuseppe Catenacci, presidente dell'associazione “Ex allievi della Nunziatella”, Fernando Riccardi, Nicola Calvano. Da sottolineare la presenza di don Sixto di Borbone, che ha dispensato saluti e cordialità. C'era Luigi Costantino a rappresentare la Campania CDS, dalla Puglia Giovanni Palmulli, Nestore Spadone dei Comitati coordinati da Ezio Spina, dalla Lombardia Nino Alimenti. Agli inizi del 1861 i Piemontesi, con l'appoggio sostanziale di Inghilterra e la complicità attiva dei francesi, avevano ormai conquistato tutto il regno delle Due Sicilie: resistevano ancora Gaeta, Messina e Civitella del Tronto mentre ovunque si organizzava la guerriglia dei fedeli ai Borbone che vennero subito chiamati “briganti” dai Savoia, onde poterli sterminare tutti senza alcun regolare processo e sotterrarli in fosse comuni. Convinti di una facile vittoria, i Piemontesi, con le armi modernissime fornite dai francesi, compresi cannoni a lunga gittata, assalirono Civitella, appena dopo aver occupato Teramo e provveduto a fucilare 500 persone nella prima settimana di occupazione. Il primo scontro frontale avvenne il primo di dicembre 1860 ed i militari napoletani sbaragliarono gli assalitori che si ritirarono nella vallata. Per le brutte figure fatte a Civitella, si succedettero diversi generali che non riuscirono a prendere la fortezza. Il re Francesco II, con la sua solita sublime umanità mandò l'ordine di cessare il fuoco e l'inutile anche se gloriosa resistenza. Alle 11.00 del 20 marzo 1861 i soldati piemontesi entrarono nella fortezza, i nostri posarono le armi, pensando di essere considerati prigionieri di guerra ma non fu così. Alle 13.00 cominciarono le fucilazioni e quando finirono lasciarono i morti senza sepoltura, gettandoli in una fossa comune. Per non lasciare alcuna traccia storica decisero di demolire totalmente la fortezza e farla sparire, come faranno con Pescara.

NUNZIO DE PINTO

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