Ex 3M, GdF arresta l’imprenditore Caso

Abusivismo bancario per oltre 200 milioni di euro, 9 milioni di euro di fatture false, 80 milioni di euro di fittizi aumenti di capitale sociale, bancarotta fraudolenta per Hopit Spa, Net.Tel. Spa, Editoriale Dieci Srl e Segem Spa, tentata truffa aggravata nei confronti della Regione Abruzzo per l'ottenimento illecito di fondi pubblici, falsità, calunnia aggravata e resistenza a pubblico ufficiale. Con queste accuse il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza ha arrestato ieri l'ex editore del giornale sportivo “Dieci”, Gian Gaetano Caso, la cui Hopit Spa, holding finanziaria del gruppo, compare nel 2005 tra i potenziali “salvatori” dello stabilimento casertano di San Marco Evangelista della multinazionale 3M Spa. Oltre a Caso è stato arrestato anche suo figlio Fabio ed altre cinque persone coinvolte. Quattordici le persone denunciate. Le indagini sono state coordinate dai pubblici ministeri Giuseppe Cascini e Andrea Mosca della procura di Roma. L'operazione, chiamata “Capital Watering”, ha permesso di smantellare il castello societario del gruppo Hopit. Hopit Spa e Kuban Bank Rappresentanza per l'Italia: si tratta, ricostruiscono le Fiamme Gialle, di due realtà riconducibili ad un gruppo intricato di società finanziarie, editrici e di telecomunicazioni facenti capo a Caso ed al figlio, entrambi protagonisti di varie iniziative imprenditoriali. Tra queste vi è il giornale “Dieci”, un quotidiano sportivo nato nel 2007 e chiuso dopo alcuni mesi di vita, con sostenute proteste dei giornalisti che non venivano pagati; la presunta rinascita della testata “Il Globo” nei primi anni 2000, quale iniziativa della società PmEdit Srl attualmente in fallimento; le attività della Laer (società sulle cui ceneri è sorta poi la Ghenda Srl) affidata a un soggetto vicino al patron del gruppo, R.L., che nel settembre 2006 ha dovuto gestire la fine dei “call center” in Sardegna di fronte ai lavoratori che reclamavano i mancati pagamenti. Sempre la Hopit Spa, nel 2008, viene citata tra i pretendenti del giornale L'Unità. Gli uomini del Nucleo speciale di polizia valutaria hanno accertato che tutto è stato frutto di un fraudolento meccanismo di costituzione e di vendita di certificati obbligazionari esteri tra società facenti parte dello stesso gruppo e tutte riconducibili, alla fine, a Caso, compresa la rappresentanza italiana della Kuban Bank, finta banca che del vero istituto bancario russo prende solo il nome ed attraverso la quale sono state emesse fideiussioni per oltre 90 milioni di euro, con lo scopo principale di garantire una serie indiscriminata di operazioni commerciali avviate a vario titolo dalle stesse società del gruppo. Il gruppo negli ultimi anni, prosegue la Guardia di finanza, "si è quindi dotato di capitali e strutture apparentemente degne dell'economia d'elite, ma di fatto esaurendosi, per la Procura, in un generale disegno volto a far figurare, falsamente, un solido gruppo imprenditoriale in grado di stipulare vantaggiosi contratti di locazione immobiliare, di fornitura di beni e servizi con terzi che poi, invece, non sono stati mai onorati. La conseguente esposizione delle varie società, che nel frattempo avevano acquisito sedi di lusso senza pagare i canoni, come quelle romane di Via XX Settembre 5, di Piazzale degli Archivi 40/42 all'Eur e di Via del Tritone 87, o quella milanese in Via Vitruvio 43, noleggiato autovetture di rappresentanza in leasing senza onorare le rate, acquistato merci senza saldare le fatture, ristrutturato immobili senza dare compensi ai fornitori, assunto personale senza pagare gli stipendi, le ha condotte verso il fallimento, per un passivo globale di diversi milioni di euro".

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