Un taumaturgo al potere (prima parte)
Forse non sono molti coloro ai quali il nome di Rasputin dice qualcosa. Eppure, la sua storia che sembra appartenere alla leggenda, è anacronistica, affascinante e drammaticamente reale.
Un contadino della Siberia, dal dubbio passato, incolto e senza educazione, riuscì ad introdursi alla corte dello Zar di tutte le Russie, per sorvegliarlo e dirigerlo. Sedusse materialmente e spiritualmente principesse e dame d’onore. Dominò così a fondo l’Imperatore e l’Imperatrice da diventare, per due anni almeno, l’eminenza grigia da cui dipendevano i Ministri ufficiali ed il dispensatore di favori che la nobiltà corteggiava, che i Generali temevano e che la finanza ebraica provvide di vini, di viveri e di donne.
Il contrasto tra le uniformi gallonate, che lui proteggeva e maltrattava, e la sua camicia di tela, il suo caffetano, i suoi stivali catramosi, tra la sua barba incolta, la sua rozza robustezza e la fine eleganza delle dame che lo supplicavano, l’inverosimiglianza di una direzione spirituale e politica imposta da uno zotico al sovrano autocrate di un impero mondiale, sono, per il capitolo finale della dinastia dei Romanov, un’illustrazione mostruosa, il cui cinismo eterogeneo divertì e terrorizzò alla maniera di una macabra caricatura. E’ anche verosimile che questo gusto del pittoresco finì per nuocere alla comprensione del suo vero ruolo. Essendo straordinario, incitò ad esagerare la sua stranezza.
Illuminato dalla fede, guaritore, ipnotizzatore, dotato (per testimonianza concorde di amici e nemici) di una vitalità sovrumana e del potere oscuro di comandare la vitalità degli altri, se riuscì a conquistare, con la sua arte di empirico ed i suoi argomenti di ispirato, l’accesso al palazzo e la fiducia della sovrana, dovette anche, per conservarla, eludere intrighi, improvvisare un compito di consigliere, maneggiare i partiti e le persone secondo il suo desiderio, in poche parole, mantenere, con fatica, il posto prodigioso che la sorte gli aveva riservato. Quella fatica, che la si chiami finzione di ipocrita o audacia di avventuriero, rivelò in lui, al di là del visionario dalle facoltà misteriose, un abilissimo ed assai prosaico negoziatore dall’influenza acquisita, un capo di clientela, più degno di figurare brillantemente in un parlamento democratico, che di nascondere il proprio talento nell’ombra di un palazzo.
L’illuminato Grigorij Efimovič Rasputin (Novych), in russo Григо́рий Ефи́мович Распу́тин (Но́вых), nato a Pokrovskoe il 21 gennaio 1869, con maggiore o minore originalità, prese prepotentemente posto nella schiera degli storici taumaturghi di corte e, più specificatamente, in quella dei monaci visionari, di cui cercò, sebbene laico, di imitarne gli atteggiamenti ed il linguaggio. Consigliere dell’impero, superò di molto, non per talento ma per singolarità, tutti gli avventurieri che lo precedettero, non solo in Russia, ma in tutta Europa. Dovette al rigoroso uso della ragione la potenza temporale ed il successo delle sue avventure più terrestri. E dal momento che rifiutò, lui contadino, di abbandonare i costumi della sua classe, lungi dall’adattarsi all’etichetta della corte e dei salotti, costrinse quella corte e quei salotti a subire la sua rudezza, la sua ineleganza e, se occorre, la sua insolenza brutale.
Ubriacone e depravato, si tenne sempre in fermo equilibrio, al centro di una società sconvolta dall’agonia. Trasse, infatti, dalla decomposizione sociale la sua forza e la sua importanza, anche se, vicino a lui, scomparivano i “peccati veniali” dei granduchi, ma con essi anche la loro potenza. Assunse, gaiamente, un ruolo funesto e tutelare, poiché questo frequentatore di “cabaret” zigani, in cui ogni notte vi era un’orgia, si fece difensore ostinato di un dispotismo che stava tramontando. Impossibile intravvedere nella sua ostinazione qualcosa di più, che non il proprio interesse.
E’ molto difficile determinare con esattezza il momento in cui Rasputin apparve, per la prima volta, a Tsarskoie-Selo, la residenza imperiale degli Zar. Verosimilmente fu tra il 1907 ed il 1908. Alcune biografie raccontano che fu invitato a Palazzo per vedere lo Zarevic Aleksej Nikolaevič Romanov, figlio dello Zar Nikolaj Aleksandrovič II Romanov il quale, malato di emofilia di tipo B, aveva subito una caduta che aveva gravemente compromesso il suo stato di salute. La malattia dello Zarevic era, all’epoca, tenuta segreta e non aveva una cura definitiva. La Zarina, Aleksandra Fëdorovna Romanova (che per lo stesso male aveva già perso il fratello minore), dopo aver invano confidato nei medici, decise di rivolgersi al mistico Rasputin, il quale asseriva di avere la capacità di guarire attraverso la preghiera. Quando venne convocato, esclamò: “Dite all’Imperatrice di non piangere più. Guarirò il suo bambino ed egli avrà le guance rosee quando farà il soldato”. Giunto al capezzale del bimbo, con uno sguardo dominatore che, a detta dei presenti, rifletteva una luce soprannaturale, tenendo in sospeso la volontà del Dio che lo dirigeva, congedò la nutrice, pietrificata dall’ammirazione, abbracciò, senza alcun imbarazzo i sovrani e si diresse verso il letto di Alexis, che lo guardava stupito, ma senza paura. Lo rassicurò, dicendogli che il male non era niente e che sarebbe immediatamente guarito. In effetti, a dispetto della prognosi infausta dei medici, già dal giorno dopo l’incontro, lo Zarevic diede limitati segni di recupero. A seguito di tali risultati, Nicola ed Alessandra gli permisero di visitare sempre più spesso la loro riservatissima casa.
Per inciso, una studiosa di storia, la francese Hélène Carrère d’Encausse ed il giornalista Diarmuid Jeffreys, hanno attribuito il merito delle cure di Rasputin al fatto che avesse sospeso la somministrazione di acido acetilsalicilico (già usato all’epoca e componente chimico della nostra “Aspirina”), un analgesico che ha, come risaputo, effetti deleteri sulla coagulazione del sangue e, nella fattispecie, aveva dunque rafforzato i sintomi della emofilia, peggiorando sia il sanguinamento che il gonfiore articolare.
Fatto sta che, l’indomani del giorno “miracoloso”, Grigorij Efimovič Rasputin tornò a passare la serata con il principe ereditario. E questa divenne un’abitudine pressoché quotidiana.