L’Italia che vogliamo

Leggiamo l’informazione? Sì, cominciamo con un esempio! Si è chiesto agli Italiani “quanti sono i disoccupati qui da noi”? Risposta: 49%. La percentuale rilevata invece si attesta sul 10% e altro test: quanti gli stranieri in Italia? Secondo l’Istat il 10% e per la gente il 28% che vuol significare percentuale variante a seconda del colore dell’inchiesta. La divaricazione è anche la figlia di una complessa lettura di un’incidenza pandemica nonché la complessa ombra dei social. Si tratta pertanto di una realtà su misura ad hoc e le persone sono sempre meno disponibili a mettersi in discussione anche la bilancia non può essere veritiera fonte di esattezza e pertanto ognuno è portato a sentirsi depositario di verità e poco propenso a rinunciare ai suoi (pre)giudizi. Emblematico il rapporto con gli stranieri. Una maggioranza assoluta è per la chiusura dei porti, ma se si valuta la convivenza con i forestieri il quadro risulta sostanzialmente positivo. Vi sono bambini che sono a scuola con i nostri figli, studiano e giocano insieme. L’Italia comunque rimane generosa e solidale. Un cittadino su due fa donazione a qualche ente benefico. V’è una percentuale elevata (intorno ai 7 milioni: dico sette) che svolge attività di volontariato. È il caso di dire anche cose buone di noi Italiani in una costellazione di mondi associativi e di cose buone che funzionano senza cadere in un ingenuo ottimismo. Nessuno ha la bacchetta magica per cambiare il paese, ma sono evidenti i valori e le risorse di umanità, imprenditorialità, capacità di affrontare e risolvere difficoltà, problemi, emergenze… Dobbiamo rimettere al centro un tema eluso da decenni a questa parte: l’identità e l’appartenenza! Abbiamo spesso guardato con ostinazione ciò che ci divide senza cogliere gli ancoraggi comuni, i valori nei quali ci riconosciamo. Questo è l’enorme capitale, una solida certezza e una sicura speranza.

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