Distrupt texts e l’importanza di ogni cultura

È dello scorso gennaio la notizia che la Lawrence High School di Lawrence (Massachusetts) ha eliminato dal suo programma scolastico l’Odissea di Omero, definita “razzista”, nel più ampio contesto di una generale cancel culture, che ha colpito anche altri autori quali Shakespeare e Fitzgerald, promossa dall’organizzazione #distrupttexts, nata nel solco del movimento Black Lives Matter. L’idea di fondo di questi movimenti è quella di riscrivere e ristabilire i fondamenti ideologici e sociali della cultura, dell’arte, della società, della letteratura, sostituendo ai canonici valori occidentali nuove prospettive di studio e analisi. L’idea in sé, cioè ampliare le prospettive di una qualsiasi tipologia di studio, non è da respingere; la cultura è come un prisma con più facce, che deve essere indagato nella sua interezza, scoprendo anche i punti più nascosti e meno noti e apprezzando ogni singolo aspetto. Ma studiare non significa cancellare. Studiare significa avere un approccio critico, filologico, con la materia che stiamo per affrontare, avere uno spirito critico verso l’oggetto del nostro studio, capire il suo contesto di elaborazione, i valori che vuole esprimere, la storicità evidente e nascosta che vuole tramandare. Definire l’Odissea un testo “razzista” significa non aver vagliato e approfondito il testo: siamo di fronte a uno dei testi cardine della cultura occidentale, questo è indubbio, ma siamo davanti a un testo elaborato in un lunghissimo periodo di gestazione, probabilmente dai palazzi micenei dell’Età del Bronzo e durante la Dark Age del mondo greco, che trova una forma quasi definitiva tra l’VIII e il VI secolo a.C., più di duemila anni fa. Cercare di trasferire i nostri valori su un testo tanto antico e tanto stratificato non ha senso. In ogni caso, se proprio volessimo evitare uno studio approfondito della materia, limitandoci a una superficiale lettura della trama, l’Odissea è la storia di un esule in viaggio, di un profugo, che affronta le ire del mare e gli ostacoli del viaggio per raggiungere la sua Itaca, suo figlio Telemaco e sua moglie Penelope; è la storia di un’ospitalità sacra, protetta da Zeus, secondo cui l’ospite è protetto dagli dei; è la storia di donne forti, in primo luogo di Penelope, che resta fedele a suo marito per vent’anni, una donna che opera le sue scelte, scontrandosi contro la violenza di poteri maschili forti, che sono neutralizzati dalla sua tenacia e dalla sua fedeltà. Paradossalmente, l’Odissea sembra presentarci valori da riscoprire, non da respingere nel mondo moderno in cui viviamo. Dunque, per dare una conclusione a questo pensiero, diremo questo: l’idea di base del movimento #distrupttexts non è senza fondamento, perché è utile e necessario dare voce a quei valori e a quelle culture da sempre mute agli occhi degli studiosi di ogni epoca, perché ogni punto di vista deve essere analizzato e compreso, anche quelli che possono sembrare più scomodi e meno utili, perché solo in questo modo lo studio della cultura può definirsi globale. Ma il verbo distruggere non può coesistere con la parola “cultura”, che ha valenza universale: riscoprire culture in silenzio non significa distruggere il passato e i suoi valori perché la cultura non nasce per distruggere, ma per legare, per scoprire, per indagare a fondo ogni singolo lato del prisma chiamato mondo.

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