Cancellato il simbolo del male
È recente la notizia, che lo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare finlandese ha eliminato, dal proprio stemma istituzionale, la svastica dorata, che lo caratterizzava da oltre un secolo.
Una decisione questa piuttosto sorprendente, dal momento che la forza armata ha contrassegnato i propri velivoli con una croce uncinata dipinta di blu, sin dalla fondazione nel 1918, una volta ottenuta l’indipendenza nazionale, avvenuta il 6 dicembre 1917. La motivazione? La naturale ed ingombrante equivalenza dell’insegna al nazismo del Terzo Reich.
Tale cambiamento è stato pubblicamente commentato solo da Teivo Teivainen, il luminare dell’Università di Helsinki, che in precedenza aveva discusso se l’uso del simbolo fosse, o no, utile alle Forze Armate finlandesi. L’opinione pubblica, al contrario, non ha manifestato alcun interesse per l’avvenimento. “In Finlandia c’è questa idea, che la svastica sia un’innocua decorazione. Infatti compare, fin dagli anni ’20, su tantissimi edifici, sia pubblici che privati”, ha commentato il professore. “In ogni caso, gli aerei militari avevano riprodotta sulla fusoliera una svastica blu su campo bianco, non certo per servilismo nei confronti della Germania di Hitler, nonostante le due nazioni fossero alleate”.
All’aviazione il simbolo arrivò, appunto nel 1918, dal Conte svedese Eric von Rosen che, considerandolo un portafortuna, lo fece dipingere su di un aereo che donò alla nascente forza armata. Il nobile von Rosen, negli anni ’30, rappresentò una figura di primissimo piano nel nazionalsocialismo svedese. Oltretutto, divenuto cognato di Hermann Göring, fu intimo amico del Führer.
Il Generale Jari Mikkonen, Capo di Stato Maggiore aeronautico, ha recentemente dichiarato, in un’intervista all’emittente inglese BBC: “Devo riconoscere che l’emblema storico della svastica ha, nel corso degli anni, creato perplessità tra i colleghi, sul fronte internazionale. Abbiamo dovuto spiegare moltissime volte, non senza imbarazzo, che la storia della svastica risale al 1918. Continuare a usare quel segno distintivo, è stato considerato inappropriato e non necessario. Noi, comunque, non ci vergogniamo della svastica sulle nostre decorazioni e sul nostro stendardo, dove rimarrà per sempre”. Critico e pungente, il commento del Professor Taivanen: “Compito dei militari è difendere la nazione, non lo stemma di un Conte svedese! Sono preoccupato che tutto ciò possa influenzare negativamente l’atteggiamento dei giovani nei confronti delle Forze Armate, dal momento che da noi è ancora in vigore la leva obbligatoria”.
Senza ombra di dubbio, nel mondo occidentale, la croce uncinata è divenuta, pesantemente, sinonimo ripugnante di nazismo, anche se la sua raffigurazione, risalente a migliaia di anni fa, in quasi tutte le culture del mondo è letta come rappresentazione di fortuna e prosperità. Indubbiamente, l’accostamento con la follia hitleriana, difficilmente permetterà a questo antico segno di scrollarsi di dosso una tale triste e buia nomea.
Osserviamola, da un’altra prospettiva. Nella lingua primitiva indiana del sanscrito, la svastica indicava la lettera “B”, la lettera che, usata per millenni da indù, buddisti e giainisti (seguaci di Jina, India, VI sec. a.C.), usi a dipingerla sui muri dei templi o a ricamarla sulle vesti, era sinonimo di sorte favorevole. I primi viaggiatori occidentali in Asia, fortemente influenzati, trasferirono in patria tali radicate credenze ed incominciarono a diffonderle. Agli inizi del 1900, in Europa, erano ancora largamente estese e, con esse, la svastica.
Del resto la sfruttò la “Coca Cola”, così come la “Carlsberg”, che la raffigurò sulle sue bottiglie di birra. I “Boy Scout” e le “Girl Scout” americane, negli anni Sessanta, inviavano ai giovani lettori della loro rivista mensile “Swastika”, un distintivo da giacca, che la raffigurava. Venne applicata sulle unità militari americane, durante la Prima Guerra Mondiale ed era visibile sugli aerei della Royal Air Force britannica, già nel 1939. Quando però i nazisti salirono al potere, esaltando l’emblema uncinato, molti paesi la cancellarono.
Alcuni linguisti tedeschi dell’800, traducendo vecchi testi provenienti dall’India, notarono delle strette somiglianze tra la propria lingua ed il sanscrito. Giunsero così alla conclusione che indiani e tedeschi avevano un’ascendenza comune ed immaginarono una razza di guerrieri bianchi, simili a divinità, che chiamarono “ariani” (dal sanscrito ariyà, “signore”). Questa idea fu accolta dai gruppi nazionalisti antisemiti, che si appropriarono della svastica, come simbolo di razza, per dare un senso di antico lignaggio al popolo germanico. Il “hakenkreuz” (croce uncinata), nero a braccia dritte, inserita, in un cerchio bianco su sfondo rosso, nel vessillo nazista, diventò l’emblema più odiato del XX Secolo, indissolubilmente legato alle atrocità commesse dal Terzo Reich.
“Per il popolo ebraico, la svastica è paura, soppressione, sterminio. E’ ciò che non potremo mai cancellare dalla nostra mente”, ha detto il novantatreenne tedesco, sopravvissuto all’olocausto, Freddie Knoller. E’ stata bandita, in Germania, alla fine della guerra, cercando, senza successo, nel 2007, di farla ripudiare anche a livello europeo.
L’ironia sta nel fatto che essa è più europea di quanto non si possa credere. Era fortemente in uso nell’arte e nell’architettura greca, così come nelle forme architettoniche celtiche ed anglosassoni. Alcuni reperti sono stati rinvenuti nelle terre dell’Europa orientale, dal Baltico ai Balcani. Il “Museo Nazionale della Storia dell’Ucraina”, a Kiev, ha una gamma impressionante di reperti in tal senso. Ad esempio, tra in tesori più preziosi possiede una statuetta d’avorio, raffigurante un uccello, realizzata da una zanna di mammut, scoperta nel 1908 in uno degli insediamenti paleolitici di Mezin, vicino al confine russo. Sul dorso del volatile è inciso un intricato meandro di svastiche, unite tra loro. E’ il più antico modello di croce uncinata identificato al mondo ed è stato radiodatato, al carbonio, a 15.000 anni orsono. Al suo ritrovamento, la scultura era insieme ad un’ampia serie di oggetti fallici; era sicuramente, secondo gli studiosi, anche simbolo di fertilità. Le svastiche, rappresentate come entità singole, incominciarono ad apparire nella cultura neolitica, circa 7.000 anni fa, diffondendosi in tutta l’Europa sudorientale, come la stazione archeologica di Vinča, vicino a Belgrado, ha evidenziato. Sicuramente, è nell’età del bronzo, il momento della massima divulgazione. Sempre nella collezione del Museo di Kiev, compaiono vasi d’argilla con svastiche uniche, risalenti a circa 4.000 anni fa.
Quando i tedeschi occuparono il capoluogo ucraino, durante la guerra, si convinsero che quei vasi fossero la prova tangibile dell’esistenza dei loro antenati ariani e li trasferirono in Germania. Vennero restituiti al termine del conflitto. Kiev, nel 1941, fu teatro di uno dei peggiori crimini di massa dell’Olocausto, con la soppressione di 34.000 ebrei, radunati e fucilati sul margine del tristemente rinomato burrone di Babij Jar.
Oggigiorno, c’è chi ritiene che il lungo trascorrere della storia possa aver contribuito a trasformare quell’icona in un qualcosa di positivo. Peter Madsen, proprietario di uno studio di “tattoo” a Copenaghen, tra i più grandi e famosi d’Europa, è un convinto sostenitore dell’importanza della svastica come elemento fondamentale della mitologia norrena, assai cara agli abitanti della Scandinavia. È infatti l’ideatore del “Learn to Love the Swastik Day”, che lo scorso 13 novembre ha fatto confluire, nella capitale danese, tatuatori da tutto il mondo, per riprodurre gratuitamente sulla pelle di chiunque lo avesse voluto, tatuaggi di svastiche, ma solo per esaltarne il passato multiculturale. Madsen, nella cerimonia di apertura, ha detto: “La svastica è un simbolo d’amore e Adolf Hitler ne ha abusato. Non stiamo cercando di recuperare il “hakenkreuz”. Sarà difficilissimo e non vogliamo che la gente dimentichi. Vogliamo solo che si sappia che essa si presenta in molte altre forme, in nessuna delle quali c’è mai stato nulla di cattivo. Per questo vogliamo toglierla alla folle e crudele ideologia nazista”.
Ma per chi, come Freddie Knoller, ha vissuto gli orrori dell’Olocausto, imparare ad amare la svastica è inverosimile. Ha, con grande serenità, sostenuto: “Nessuno era a conoscenza, allora, che quel simbolo, per noi del male puro, risalisse a parecchie migliaia di anni fa. Penso sia importante apprendere che non è sempre, e solo, stato il marchio del nazismo ma, sicuramente, qualcos’altro di più importante culturalmente”.