Personale sanitario italiano candidato al Premio Nobel per la Pace

Il 31 dicembre 2019 la Cina segnalava all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un cluster di polmoniti bilaterali nello stato di Hubei e più precisamente nella città di Wuhan, dovuto ad uno strano virus.
Dopo qualche giorno, lo sconosciuto virus aveva già un nome: Sar-Cov-2, più semplicemente Covid-19 e si accompagnava ad un presagio funesto: certa la trasmissione da uomo a uomo. Era il 20 gennaio del 2020, anno bisestile e un vecchio proverbio recita “Anno bisesto, anno funesto” per la serie “Non è vero, ma ci credo!?!”
In pochissimi giorni viene registrata un’impennata dei casi, di cui tantissimi mortali e il mondo intero resta con il fiato sospeso osservando quello che succede nella Terra del Dragone. Inizia il primo lockdown della storia: 60 milioni di persone della provincia di Hubei, sono costrette a restare chiuse in casa per evitare l’innalzamento dei contagi. Le strade deserte delle città cinesi e la gente spaventata affacciata ai balconi per chiedere aiuto fanno presto il giro del mondo e sebbene appaiano surreali e spaventose, la Cina sembra ancora troppo lontana per incutere timore. E invece no. Purtroppo no.
Nel giro di qualche settimana il virus si propaga in tutto il mondo tanto da portare l’OMS a dichiarare lo stato di pandemia e massima allerta già l’undici marzo. In Italia i primi due casi sono confermati il 30 gennaio, sono due turisti cinesi, ma prestissimo il primo focolaio viene rilevato a Codogno, in Lombardia. Dopo un anno, a marzo 2021, l’Italia registra numeri spaventosi: oltre 3 milioni e mezzo di casi positivi e ad oggi quasi 107.000 decessi, una vera e propria ecatombe.
E’ come una guerra che coinvolge il mondo intero.
L’Italia viene messa a dura prova dal virus che dapprima sembra solo marginalmente coinvolgere il resto d’Europa. Per tantissimi mesi, il nostro Paese registra il triste primato mondiale di numeri di decessi, concentrati per la prima ondata dell’epidemia, soprattutto nel Nord del territorio, nelle province lombarde di Brescia e soprattutto di Bergamo, numeri così alti tanto da far quasi scomparire “la classe dei nonni”, categoria molto fragile e vulnerabile.
Il sistema sanitario italiano e i suoi operatori sono stati i primi, nel mondo occidentale, a doversi confrontare con il nuovo virus e i primi a dover affrontare un’emergenza sanitaria mai vista prima, facendo ricorso e provando “sul campo” possibili rimedi. La categoria dei medici e degli operatori sanitari paga un caro prezzo all’epidemia: più di 90.000 contagiati e tantissimi morti. Tenendo fede al giuramento di Ippocrate e al loro codice deontologico, medici, infermieri e volontari si sono predisposti a combattere questo micidiale e subdolo virus come dei soldati in trincea, sì proprio come in guerra, anche se in guerra non siamo o forse sì, ma una guerra diversa.
Li abbiamo chiamati “eroi”, abbiamo visto la loro abnegazione, il loro coraggio e anche la disperazione dei loro occhi quando vedevano morire persone senza poter far niente di più di quello già fatto.
Adesso sono candidati al Premio Nobel per la Pace 2021!
La proposta di candidatura è stata lanciata dalla Fondazione Gorbachev di Piacenza per veder riconosciuto lo sforzo a cui sono stati sottoposti gli operatori sanitari italiani, sacrificando spesso la propria vita per preservare quella degli altri. La candidatura è stata sottoscritta anche dal Premio Nobel per la Pace nel 2017 Lisa Clark, che vivendo da tantissimi anni in Toscana ha potuto constatare personalmente il grande sacrificio di tutta la categoria sanitaria, il loro impegno e la commovente abnegazione per salvare quante più vite possibili.
Il parere positivo del Comitato per il Nobel rende merito all’Italia intera, il cui personale medico si è sacrificato e continua a farlo, sia a livello professionale che umano, in un contesto che non accenna a migliorare. Non era mai accaduto nella storia che il personale sanitario di una nazione venisse candidato al Nobel per la Pace. Rappresenta una vittoria per i medici, gli infermieri e i volontari che sono stati mandati a combattere in prima linea questo nemico invisibile, quasi a mani nude a causa della nostra sanità malridotta, inghiottita da tangenti e tagli perpetrati da una politica inqualificabile.
E’ il più prestigioso dei Premi Nobel, l’unico che viene assegnato ad Oslo in Norvegia (tutti gli altri vengono assegnati in Svezia).
Non sappiamo se i medici italiani otterranno questo prestigioso Premio, poiché altri nomi illustri concorreranno con loro, come ad esempio l’attivista per il clima Greta Thunberg, Il dissidente russo Alexei Navalny o l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, tutti con motivazioni altrettanto valide, ma già la candidatura e il riconoscimento mondiale costituisco per il nostro personale sanitario una grande vittoria e l’incoraggiamento a continuare a combattere al fianco dei malati…anche se per questo non serve certo una candidatura ed un Premio.

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