Arretramento verso una società arcaica o occasione di un nuovo paradigma?

Nel difficile momento di grande crisi che stiamo vivendo a causa del Coronavirus, un grande mutamento attraversa le società. La inattesa minaccia della natura ha spiazzato tragicamente le prospettive future per la convivenza umana. La dimensione totalizzante della crisi, che coinvolge la sfera biologica, psicologica e sociale con effetti politici, economici e relazionali, ha generato conflitto nella contrapposizione dei diversi orientamenti e i legittimi interessi della molteplicità degli attori sociali.
Dall’attività scientifica, pur non avendo saputo anticipare la pandemia, si richiedono continue e incalzanti elementi certi di comprensione e di previsione. La conseguente declinazione della risposta fornita dalla classe politica ha messo in luce la vulnerabilità del nostro sistema sociale, che tende a mutare in una forma tecnocratica, per sopperire ad un profondo sentimento di incertezza sociale.
La distruzione della “normalità” e la socialità per come sperimentata fino ad oggi, ha generato la più grave privazione di libertà individuale dal dopoguerra, con una cesura irreparabile della continuità del tempo, dividendo la storia in un prima e in un dopo la pandemia. Poiché ciascuno può contagiare e essere contagiato dagli altri, rende evidente che la libertà non può più essere considerata un affare individuale.
La scoperta brutale e immediata di una alterità fuori controllo, scaraventatosi addosso con forza imprevedibile, è stata contrastata con misure estreme di difesa contro l’avanzata del virus che hanno ibernato il sistema sociale, spazzato via centinaia di migliaia di posti di lavoro con ricadute occupazionali sul genere femminile. Inoltre, tali misure hanno accelerato il trend, già in atto, di divario tra i più ricchi e i più poveri del pianeta, mentre la prossimità forzata ha acuito la violenza domestica, soprattutto a danno delle donne.
Alla richiesta di attribuzione di senso tra individuo e società, si sono moltiplicate le pubblicazioni e conferenze (online) sulle ricadute delle restrizioni, sulle politiche socio-sanitarie e su prospettive e immaginari futuri, che facendo continui riferimenti all’incertezza e al rischio come condizione del vivere nel tempo presente, hanno messo in campo una paura diversa, una impotenza spaesata che stenta a trovare argomenti di composizione dell’accidente. Gli esseri umani si sentono posseduti dalla “forza della Natura” e dalle “forze sociali” che contribuiscono a plasmare le loro forme di organizzazione psichica, i meccanismi di attribuzione di senso e la riorganizzazione sociale.
Questi “fatti” condensatosi nelle rappresentazioni collettive sono diventati un “fenomeno sociale totale”. Come teorizzato da Marcel Mauss, oltre un secolo fa, <<in circostanze particolarissime e momentanee tutto si fonde insieme,.. una molteplicità di cose sociali in movimento>>. Gli aspetti istituzionali politici ed economici e quelli culturali e simbolici si fondono per comporre una inconsueta e complessa realtà. In questi momentanei e particolari contesti sociali si ha una sorta di arretramento, verso cui tutto si fonde insieme, un ripiegamento collettivo verso uno stato antico di incertezza e confusione, che è di molte società arcaiche o “primitive”, generando ansia e apprensione.
La percezione della “normalità” invasa dalla improvvisa e innegabile fragilità del mondo cagiona una paura sottile e oscura, un turbamento profondo. I timori “primitivi”, suscitati dal virus, innescano antagonismi reattivi o difensivi aggressivi su posizioni anche negazioniste, come accaduto recentemente a Brescia: due ignoti, secondo la prima ricostruzione, avrebbero lanciato due bottiglie incendiarie contro la tensostruttura dedita alla campagna vaccinale.
Sembra opportuno, quindi, prevedere che l’impatto catastrofico della pandemia, mettendo in luce la fragilità del nostro sistema, accrescerà il conflitto sociale con regressioni psicologiche aggressive, dettate dalla paura arcaica e da una richiesta di senso che l’attuale sistema non soddisfa. Occorrerebbe, quindi, ripensare l’ordine dei paradigmi dominanti al fine di restituire valore alle relazioni e all’interdipendenza degli uomini e tra l’uomo e la natura. Mentre, oggi l’uomo sta rischiando di perdere il controllo del proprio destino, l’immaginazione sociologica potrebbe aiutarci a comporre un nuovo paradigma solidale con la Natura, la psiche e la società?

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