Quando le emozioni affettive diventano dipendenza
All’inizio di una relazione amorosa esistono gradevoli sfumature di dipendenza che non rappresentano un’alterazione del comportamento: il “coup de foudre”, la nascita dell’amore e le fasi dell’innamoramento hanno tratti distintivi di forte correlazione con il partner dove il vincolo viene percepito profondo e intenso, forte e radicato, coeso e saldo. È ovvio che l’amore sano porta a “dipendenze” affettive normali, quali condotte e atteggiamenti finalizzati alla conservazione del rapporto, benessere psicofisico, palpiti dell’orto-simpatico: ovviamente si parla di modelli e schemi non patologici, non morbosi, ma naturalmente fisiologici e naturali. Se tali paradigmi diventassero resistenti e deformanti, allora ci troveremmo di fronte ad un’alterazione qualitativa dell’amore stesso, ad un difetto inadeguato e controproducente della relazione, ad una “love addiction” pericolosa per la relazione sentimentale. Il rapporto va vissuto come un tutt’uno ma sempre attraverso un’individualità osmotica: sono due singoli che formano una coppia, e l’unità indivisibile della coppia stessa è costituita da due caratteri distinti, liberi nelle scelte, con dissomiglianze e affinità. La relazione amorosa da romantica diviene patologica: lo studioso Reynaud e la sua équipe hanno definito la “love passion” come “uno stato universale e necessario per gli esseri umani, che implica un attaccamento funzionale agli altri” (https://www.stateofmind.it/tag/dipendenza-affettiva/), e la “love addiction” è una “condizione disadattiva caratterizzata da una necessità e da un desiderio imperiosi dell’altro che si traducono in pattern relazionali problematici” (Ibidem).
Alla voce “gelosia” del Vocabolario Treccani si legge: “stato emotivo di dubbio e di tormentosa ansia di chi, con o senza giustificato motivo, teme (o constata) che la persona amata gli sia insidiata da un rivale” (http://www.treccani.it/vocabolario/gelosia/). La condizione cognitivo-affettiva della gelosia può essere una delle componenti del dipendente affettivo, ma non è una “gelosia sana”, bensì una fobia che nasce dalla psicosi dell’abbandono. La gelosia non è una conseguenza della dipendenza affettiva, ma quando queste anomalie sono entrambe presenti, si condizionano l’un l’altra in una spirale di tensioni e nervosismo perché tutt’e due presentano un’autovalutazione negativa delle proprie capacità, in entrambe è presente la sindrome dell’abbandono e una bassa “autoefficacia”, per non parlare poi del deforme angolo visuale dell’amore. Un partner fedifrago, o ritenuto tale, mina le basi del credo del dipendente affettivo, e il distacco dall’“oggetto” amato, che è il punto fermo della relazione affettiva, lo fa precipitare in uno stato di tensione emotiva per la dignità offesa, per la rispettabilità vilipesa, per il decoro oltraggiato. Superata l’inziale impasse di sconcerto, confusione e disordine, dopo imbarazzanti inquisitorie e affanni, il dipendente affettivo passerà a riaggiustare la situazione sperimentando accordi e raccomodamenti, ma, ahimè, attuerà nel tempo metodiche cautelari “infantili” come mutria, ripicche e tradimenti precauzionali facendo aumentare i dissidi in maniera esponenziale.